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INNOCENZO XIII - MICHELANGELO CONTI
(Roma 1655-1724) - (Pontificato 1721-1724)

MICHELANGELO CONTI nasce dalla nobile famiglia dei duchi di Poli (Roma) il 13 maggio 1655. Ricoprì diversi incarichi notevoli a livello diplomatico: fu prima governatore di Ascoli, Frosinone e Viterbo, poi nunzio apostolico in Svizzera (1695-1698) e in Portogallo (1698-1708). Elevato al cardinalato nel 1706, fu nominato vescovo di Osimo e Cingoli nel 1709. Nel 1712 passò alla guida della diocesi di Viterbo e Tuscania che mantenne fino al 1719 quando dovette ritirarsi per motivi di salute.

Fu eletto papa, alla morte di Clemente XI, l'8 maggio 1721, con voto unanime (superando il favorito cardinale Paolucci, segretario del precedente pontefice) e con l'appoggio di Carlo VI d'Asburgo; scelse di chiamarsi INNOCENZO XIII.

La sua nomina fu accolta con favore dai romani, perché aveva fama di essere una persona attiva, onesta, ma allo stesso tempo un abile diplomatico. A causa delle condizioni di salute non proprio buone, non potè mantenere i suoi impegni, deludendo così le aspettative di quanti speravano in un suo ruolo più attivo all'interno della Chiesa.

Appena eletto, in segno di magnanimità, assolse il cardinale Giulio ALBERONI (1664-1752), che era stato deposto dal suo predecessore per via delle traversie politiche subite presso le corti europee. Innocenzo XIII ordinò che gli atti del processo pendente sull'Alberoni fossero depositati nell'archivio di Castel Sant'Angelo e mandò il cardinale come suo legato nella provincia di Ravenna, che aveva bisogno di un uomo energico che ne riordinasse l'amministrazione.

Sotto il governo dell'Alberoni, la provincia di Ravenna rifiorì.
Svolse una politica oscillante verso i principi, che spesso si rivelò un insuccesso, il quale va comunque visto anche alla luce delle pressioni esercitate dalle potenze europee. Nel 1721, per compiacere la Francia, creò cardinale il miscredente abate DUBOIS (1656-1723); nel 1722 investì Carlo VI del Regno di Napoli e di Sicilia (diritto attribuitogli fin dal 1714) ottenendo il tributo della chinea, ma non riuscì a far abolire il privilegio dell'Apostolica Legazia di Sicilia, nè a concludere l'auspicato concordato con la Spagna; non potè opporsi al disegno delle potenze europee di assegnare il ducato di Parma e Piacenza (dopo l'estinzione dei Farnese) a Carlo, figlio di Filippo V di Spagna ed Elisabetta Farnese.

Con la bolla Apostolici Ministerii del 1723 tentò di rimettere in vigore, in Spagna, i deliberati tridentini circa la disciplina ecclesiastica, ma trovò forti opposizioni tra gli ordini religiosi e lo stesso clero regolare.

Intanto in Cina iniziavano le persecuzioni contro i cristiani.
Mostrò freddo atteggiamento verso la bolla "Unigenitus", che tanto aveva entusiasmato i giansenisti, non per questioni dottrinarie, ma per il risentimento verso il suo predecessore Clemente XI, che non aveva interpellato il Sacro Collegio. Fu comunque fermo, nel suo breve pontificato, nella condanna al Giansenismo: depose (1722) i sette vescovi francesi filogiansenisti che si erano appellati contro la bolla Unigenitus; i contrasti con i giansenisti, ma anche quelli avuti con i Gesuiti, gli attirarono accuse di incertezza e di debolezza da entrambe le parti.

Illuminata fu la sua amministrazione dello stato pontificio: sviluppò cultura ed economia, consentendo, ad esempio, la libera circolazione del grano al suo interno.
Nel 1721 permise, primo fra i pontefici, l'introduzione del gioco del lotto, avvertendo, però, che rimanevano in vigore i precedenti bandi che vietavano la partecipazione ai lotti stranieri; la gestione venne data in appalto a privati a condizione che le vincite per ambo e terno fossero maggiori di quelle riservate ai vincitori di altri stati. Grazie a questo importante vantaggio a favore del giocatore, il gioco conobbe una vera e propria esplosione, anche per il forte afflusso di giocate provenienti da territori stranieri.

Nel 1722 ripresero i lavori per la costruzione delle Scuderie papali, che furono affidati ad Alessandro Specchi, incaricato di realizzare un nuovo progetto. I lavori si interruppero di nuovo alla morte di Innocenzo XIII (1724) e alla morte dello Specchi (1729).

Nel 1723 avviò la costruzione della scenografica scalinata di Trinità dei Monti affidandola a Francesco De Sanctis, che vinse una gara tra artisti. La scala rappresentò una soluzione al forte dislivello della piazza, prendendo il posto dei sentieri alberati che raggiungevano il Pincio. Una successione di dodici rampe in travertino sale secondo un andamento sinuoso, dividendosi e riunendosi. Alla base si trovano cippi con gigli di Francia e aquile di Innocenzo XIII, mentre in mezzo si apre una terrazza sulla piazza. Edifici, progettati anch'essi da De Sanctis, la fiancheggiano e hanno la funzione di incorniciarla come quinte di un palcoscenico.
(fu poi inaugurata dal suo successore Benedetto XIII - vedi, compresa l'immagine della scalinata)

Riprese i lavori di palazzo Montecitorio (interrotti per mancanza di fondi per quasi trent'anni): dapprima intendeva destinare il palazzo a ospizio per i poveri, poi decise di installarvi la Curia apostolica (i tribunali pontifici).

Sempre nel 1723, in vista del giubileo del 1725, emanò il decreto In favorem inquilinorum sul "calmiere delle pigioni" e i blocchi dei contratti di locazione.
Già cagionevole di salute, la morte lo colse il 7 marzo 1724, dopo nemmeno 3 anni di pontificato. Più volte è stato descritto come pontefice "accorto, mite, senza nepotismi".

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