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INNOCENZO XII, Antonio Pignattelli, di Spinazzola (Bari)
(1615-1700) - (Pontificato 1691-1700)

ANTONIO PIGNATELLI del Rastrello (anche se il cognome sulla sua tomba a san Pietro è riportato con due 't') nacque nel castello di Spinazzola (Bari) il 13 marzo 1615 da Francesco, marchese di Spinazzola e da Porzia Carafa, principessa di Minervino, figlia di Fabrizio Carafa duca d'Andria. Il luogo natale di papa Pignatelli è stato oggetto di disputa e di contestazione, ma il prof. Luigi Ferrara Mirenzi, attraverso rigorose ricerche bibliografiche e archivistiche, ne ha confermato i natali nel piccolo centro ai confini con la Basilicata.
Antonio studiò presso il Collegio Romano ed entrò nella Curia Vaticana grazie a Urbano VIII. Presto si meritò prestigiosi incarichi ecclesiastici riscuotendo ovunque ammirazione e stima per le sue qualità spirituali. Fu Vicelegato di Urbino e poi Governatore di Perugia. Ma fu l'incarico di Inquisitore nell'isola di Malta nel 1646 che gli spianò la strada per la carriera diplomatica.
Nel 1648, a soli trentun'anni, fu nominato Governatore di Viterbo. Nel 1652 fu Nunzio Apostolico a Firenze, nel 1660 in Polonia e, infine, nel 1668, nella più prestigiosa sede di Vienna.
Nel 1671 ebbe la guida dell'Arcidiocesi di Lecce che dovette lasciare due anni dopo per ricoprire l'incarico di segretario della Congregazione dei Vescovi e dei Regolari, incarico che poco si confaceva al suo carattere spirituale. Il 1° settembre 1681 fu nominato Cardinale, nel 1682 Arcivescovo di Faenza e Legato di Bologna, e quindi, nel 1687, Arcivescovo di Napoli.

Il conclave apertosi alla morte (1° febbraio 1691) di papa Alessandro VIII durò cinque mesi poichè si cercava un papa disinteressato, che non fosse nepotista e che seguisse le orme di Innocenzo IX e Innocenzo XI; fu interrotto anche per via di un incendio. Il 12 luglio il cardinale Pignatelli veniva eletto assumendo il nome di INNOCENZO XII, anche in memoria del suo predecessore che assunse come modello.

Fu uomo di forte tempra, ma dal carattere generoso e caritatevole che lo rese amabile al popolo. Pasquino lo chiamò "Pulcinella" per il suo legame con la città partenopea e per il naso lungo e la barbetta. Innocenzo XII fu anche l'ultimo papa con la barba, infatti dopo di lui s'instaurò l'abitudine alle facce rasate.
Una volta eletto papa, la prima cosa che fece fu prendere posizione contro il nepotismo, spina che addolorava la Chiesa ormai da tempo. Infatti il suo predecessore aveva trovato e lasciato le finanze dello Stato assottigliate dai favoritismi finanziari dei pontefici; tutti sentivano il bisogno di un papa che estirpasse finalmente questa mala pianta.
Nel 1691, quindi, Innocenzo dispose che si facessero ricerche precise sul peso e sull'incidenza del nepotismo nell'economia dello Stato. Dopo aver interpellato principi e teologi, nel giugno del 1692, dopo averla fatta sottoscrivere da tutti i cardinali, Innocenzo XII pubblicò la bolla "Romanum decet Pontificem" con la quale si faceva divieto assoluto ai pontefici di conferire terreni, cariche o rendite ai propri parenti, mentre i benefici degli ecclesiastici, compresi quelli imparentati con il pontefice, non dovevano superare i 12.000 scudi di rendita annua. Lo stesso Innocenzo XII si impegnò a mantenere fede alla bolla emanata: nessun Pignatelli, infatti, entrò in Vaticano; negò perfino la porpora all'arcivescovo di Taranto solo perché era suo nipote.

Il lodevole gesto del papa, purtroppo non fu seguito da tutti gli ecclesiastici... Ma Innocenzo non si fermò nella sua opera di rinnovamento: ridusse le spese di corte sopprimendo molte cariche inutili: Governatore delle Galere, Gonfaloniere e molte altre, tutte gratificate da principesche e laute prebende. Nel 1694 creò una Congregazione per la disciplina e la riforma degli Ordini regolari con l'intento di riformare lo spirito e lo zelo religioso degli ecclesiastici, convinto che gli uomini di Chiesa dovessero essere modelli per tutti i cristiani. Prescrisse ai sacerdoti di portare la vaste talare e di praticare gli esercizi spirituali due volte all'anno; norme che incontrarono molta resistenza da parte dei prelati.
Dietro pressanti richieste intervenne anche nelle grandi questioni teologiche del secolo: giansenismo e quietismo. In particolar modo la dottrina quietista, suscitata dal teologo francese Fr. FÉNELON (1651-1715), precettore della Corte di Francia, e controbattuta da Bossuet, massimo oratore francese e anima di tutto il movimento intellettuale del secolo, fu condannato con il breve "Cum alias" del 1699. Tale condanna riguardava 23 proposizioni che inquisivano il "puro amore" e l'orazione passiva, tratte dall'"Explication des maximes des Saints sur la vie intérieure" che il Fénelon aveva pubblicato nel 1697; allo stesso tempo però, papa Innocenzo si rifiutò di censurare il lavoro del cardinale Celestino Sfondrati (1644-1696) accusato, da Bossuet, di quietismo.

Durante il suo pontificato prestò viva attenzione alle missioni, che aiutò con larghezza di mezzi finanziari, dando incremento all'evangelizzazione delle Americhe, dell'Asia e dell'Africa.
Dimostrò autentico e profondo amore per i poveri, chiamandoli "miei nepoti", e destinò il palazzo del Laterano, che non era più abitato dai papi, a ospizio per donne inabili al lavoro, mentre gli uomini trovarono accoglienza all'ospizio di San Michele a Ripa Grande (dove edificò anche una dogana marittima), da lui fatto costruire e che resta una delle maggiori opere caritative di Roma. Ciò gli valse l'appellativo di "papa dei poveri": la sua popolarità era tale che un giorno, mentre tornava da Civitavecchia, uno stuolo di povera gente gli andò incontro e lo costrinse a scendere dalla carrozza per trasportarlo a braccia verso Roma. Si prodigò moltissimo, ricorrendo anche al Tesoro Pontificio per portare soccorsi, anche nell'affrontare la peste e il terremoto che nei suoi anni afflissero Roma.

L'opera architettonica più prestigiosa che fece portare a termine, dopo 30 anni di interruzione di lavori per mancanza di fondi, fu il palazzo di Montecitorio, già palazzo Ludovisi. L'intento era quello di destinare il palazzo a ospizio per i poveri, ma in seguito decise di installarvi la Curia apostolica. Diede l'incarico di continuare i lavori (dato che il Bernini, iniziatore del progetto per conto di papa Innocenzo X, era morto) ad un nuovo architetto, l'ingegnoso mastro comacino CARLO FONTANA (1634-1714). Questi modificò profondamente il progetto berniniano, conservando la caratteristica facciata convessa e aggiungendovi l'arioso campanile a vela. Fontana dovette invece rinunciare, per volontà del pontefice (ancora la mancanza di fondi!), a creare un'unica grande piazza al posto delle attuali piazza Colonna e piazza Montecitorio. La Curia innocenziana fu inaugurata nel 1696 dando acqua alla grande fontana collocata in fondo al grande cortile semicircolare.

Oltre che dei tribunali, il palazzo fu poi anche sede del Governatorato di Roma e della direzione di polizia, divenendo così il centro della vita amministrativa e giudiziaria del governo pontificio. I balconi centrali del palazzo vennero anche successivamente utilizzati (non da papa Innocenzo che lo proibì nel 1696) per strillare i numeri estratti al lotto.

Fece restaurare il porto di Anzio e fornì Civitavecchia di acqua potabile. Nel 1698 fece recingere la fontana del Gianicolo (detta Fontanone) con l'attuale balaustra di colonnine, unite con sbarre di ferro, per evitare che i carrettieri vi abbeverassero i cavalli. Molto criticata fu la demolizione nel 1691 del teatro di Tor di Nona che era stato da poco ampliato con grande spesa. Inoltre fece tracciare una via di collegamento tra due importanti arterie del traffico romano, l'Appia Antica e l'Appia Nuova: nacque l'Appia Pignatelli.

In politica si dimostrò abile, fermo e calcolatore: sotto il suo pontificato si chiuse in modo conciliativo la questione delle libertà gallicane della Chiesa francese. Infatti gli strascichi della controversia, uniti alla forte crisi economica per i costi di guerra e a due tremende carestie, stavano stremando la Francia sotto gli occhi di re Luigi XIV. Questi aveva allora promesso a papa Innocenzo la sospensione dell'editto di esecuzione della dichiarazione gallicana del 1682 - gli articoli gallicani però non furono mai revocati - e permise ai vescovi nominati di procurarsi la conferma papale (1691). Nel 1693 i 16 vescovi che avevano partecipato all'assemblea del 1682, tuttavia, ottennero la conferma solo dopo aver espresso uno per uno per iscritto al papa, il loro pentimento per quanto era accaduto. Dovette, però cedere alla richiesta del re di conservare ed estendere il diritto di regalia; ma almeno, così facendo, aveva evitato uno scisma e riconquistato al cattolicesimo una nazione. La politica ecclesiastica gallicana continuò, con alti e bassi, a percorrere le vicende dei rapporti tra Francia e Chiesa fino alla Rivoluzione, poi i contrasti furono superati con il Concordato napoleonico del 1801. Ma sulla falsariga del gallicanesimo francese, durante questo periodo, piuttosto tormentato per l'Inghilterra, si modellò la Chiesa Anglicana.

Nel 1696 Innocenzo XII si rifiutò di ricevere l'ambasciatore dell'imperatore d'Austria, Giorgio Adamo di Martinitz, che durante la processione del Corpus Domini dello stesso anno aveva sollevato disordini; fatto che portò alla rottura dei rapporti tra Roma e Vienna.
Inoltre incoraggiò Carlo II, ultimo sovrano asburgico di Spagna a testare in favore di Filippo d'Angiò, futuro Filippo V, nipote di Luigi XIV.

Ultimo suo atto fu indire il XVI Giubileo con la bolla "Regi saeculorum" del 18 maggio 1699, nell'illusione che sull'Europa regnasse la pace e che le grandi potenze si ritrovassero unite davanti alla Porta Santa. Purtroppo il papa era malato di podagra (malattia reumatica) e non poté aprire di persona la Porta di San Pietro, né vedere conclusi i festeggiamenti; inviò lettere d'invito all'imperatore Leopoldo I d'Asburgo e ad altri principi cattolici e finché ebbe la forza, impartì benedizioni solenni dal balcone del Quirinale, celebrò funzioni e diede udienza.

All'apertura della Porta Santa del Natale del 1699, il palco d'onore spettò all'ex regina di Polonia, vedova di Giovanni Sobieski; era presente anche l'ultimo duca di Firenze, Cosimo III. In occasione del Giubileo, Innocenzo XII fece costruire nel palazzo Giraud-Torlonia un ospizio per i sacerdoti poveri, specie quelli cacciati dall'Irlanda.
La notte tra il 27 e il 28 settembre 1700 Innocenzo XII si spense, in concetto di santità; quella stessa notte, il Tevere straripava rendendo inagibile la Basilica di San Paolo fuori le mura, meta giubilare.

Fu sepolto in Vaticano, in un modesto sarcofago. Un anno dopo la sua morte, a Montecitorio, gli fu dedicata una statua (che oggi non esiste più perchè distrutta, in seguito, dai francesi). Successivamente, anche Benedetto XIV gli fece erigere un monumento.

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