PIANETA GRATIS

I PAPI

SEI QUI: Home - Canale Religione - I PAPI - Bonifacio IX

BONIFACIO IX, Pietro Tomacelli, di Napoli
(1389-1404)

Abbiamo detto che la morte di Urbano VI - avvenuta il 15 ottobre 1389 - non fece cessare lo scisma.
Nella successione, l'antipapa Clemente VII, era quasi sicuro che l'avrebbero riconosciuto pontefice unico.
Ma i 14 cardinali a lui ostili riuniti in conclave a Roma si affrettarono il 2 novembre a dargli un successore nella persona del napoletano Pietro Tomacelli cardinale di S. Anastasia, che consacrato il 9 dello stesso mese prese il nome di BONIFACIO IX.
Per prima cosa cercò di limitare i danni che il suo predecessore aveva causato, soprattutto in seno alla Curia, dove albergavano più nemici del papa che non amici. Riparò anche a molti torti, liberando coloro che ingiustamente erano stati incolpati di congiure, restituì ad alcuni cardinali la dignità, si riconciliò con il regno di Napoli (anche perchè il suo antagonista Clemente VII proteggeva Luigi Il) riconoscendo senza indugio Ladislao, il figlio del defunto Carlo III che nell'anno successivo mandò ad incoronare a Gaeta dal suo legato. Si assicurò cosi l'obbedienza del regno dell'Italia meridionale.
L’anno medesimo che moriva il sabaudo Conte Rosso, MARTINO d’ARAGONA (figlio di Martino I d'Aragona), che l’anno prima aveva sposato Maria, figlia di Federico III, si disponeva ad andare in Sicilia; ma i baroni siciliani, che non tolleravano un re ed erano contenti dell’anarchia dell’isola ed avevano spinto il Pontefice BONIFACIO IX a dichiarar nullo quel matrimonio, riunitisi a Castronovo dichiararono che avrebbero accolta sì Maria come regina ma avrebbero respinto l’Aragonese. A quel punto Martino parti per l'isola intenzionato ad avanzare i suoi diritti. Ma Bonifacio IX considerando la Sicilia come un feudo della Chiesa, volendo far valere la propria sovranità, divise l’isola in quattro parti e di ciascuna di esse concesse l'investitura rispettivamente a quattro dei più potenti feudatari siciliani, Andrea CHIARAMONTE, Manfredi ALAGONA, Antonio VENTIMIGLIA e Guglielmo PERALTA.
Martino che nel frattempo era sbarcato a Trapani, tratto dalla sua parte alcuni baroni, pose l’assedio a Palermo e la prese (1392). 
L’anno seguente però i successi dell’Aragonese furono arrestati da una indomabile ribellione, alla quale non era estraneo il Pontefice; ma le sue sorti si rialzarono quando, suo padre Martino I, salito al trono di Aragona, riuscì a spedire un aiuto al figlio. Allora i baroni siciliani si convinsero che era inutile persistere nell’opposizione, cambiarono bandiera e riconobbero Martino.
Intanto lo scisma continuava; ma in Europa c'era un grande desiderio che la pace tornasse in grembo alla Chiesa; d’altro canto l’antipapa cominciava a perder terreno in Francia. Nel 1393 l'Università di Parigi propose che i due papi rinunziassero alla tiara; ma né Bonifacio IX né Clemente VII accolsero la proposta. Quest’ultimo cessava di vivere poco dopo, il 16 novembre del 1394. Sperò allora il mondo cattolico che lo scisma potesse aver fine, ma i cardinali d’Avignone, nello stesso mese, elessero papa il cardinale spagnolo Pietro de Luna, che prese il nome di BENEDETTO XIII. 
 Se Benedetto XIII perdeva terreno in Francia in migliori condizioni non si trovava Bonifacio IX in Italia. Costretto dal bisogno di denaro, dietro il pagamento di tributi annui egli aveva finito col riconoscere le signorie che si erano venute formando nello stato pontificio, aveva perduto Perugia che nel 1393 era caduta in potere di Biordo dei Michelotti e si era ridotto a costituire in vicariati parecchie terre. Solo a Roma, ma dopo essere stato in grave conflitto coi banderesi, esserne rimasto lontano per oltre un anno e aver corso pericolo della vita, aiutato da Ladislao aveva potuto affermare pienamente nel 1398 la sua autorità.
Del resto a Roma, dopo aver fatto il giubileo indetto da Urbano IV che aveva risollevato economicamente la città, i romani già guardavano al giubileo secolare, a quello del prossimo 1400. Che fu un grosso colpo per le finanze pontificie. "Ormai il giubileo - scrive il Gregorovius - si era trasformato in una manovra speculatoria del papa che, attraverso emissari che si spingevano fino ai più remoti paesi, vendeva indulgenze all'incanto per tanto denaro quanto costava mettersi in viaggio per Roma". Si dice anche che iniziarono proprio con questo giubileo il "traffico" delle indulgenze che cento anni dopo misero in crisi la Chiesa (Riforma).

Dicono gli avversari che Bonifacio badò solo ad arricchirsi sfruttando la qualifica di sovrano temporale e capo spirituale. La prima gli permetteva di dare alcuni benefici in cambio di denaro, poi assillato dal bisogno di denaro per farne molto aumentò a dismisura il numero dei beneficiati. Scoprì così un pozzo senza fondo.
Il sistema poi lo applicò nella seconda qualifica come capo spirituale, e scoprì un altro pozzo senza fondo; a tutti coloro che si rivolgevano a lui per una qualsiasi supplica faceva prima sborsare del denaro ("per la Chiesa" diceva lui) poi dava l'indulgenza; finì che accoglieva qualsiasi supplica e dava la sua indulgenza plenaria anche a quelli che la chiedevano da paesi lontani tramite suoi intermediari.
Ma per farle chiedere bisognava prima promuoverle, inviò allora, specialmente in Germania, uno stuolo di predicatori di indulgenze, che forse furono un po' troppo zelanti, esosi e forse anche disonesti, fino a provocare alcuni malcontenti nelle popolazioni cristiane e Bonifacio nel 1402 fu costretto a revocare questi incarichi, perchè quella incontenibile sete di denaro stava comportando un decadimento del prestigio della sede apostolica romana.
Ma ormai quel sistema era stato scoperto, lo si attenuò, ma col tempo attecchì, e con i successivi papi con sete di soldi, riprese nuovamente vigore, ricreando i predicatori e istituendo dei punti di raccolta del denaro. E dato che il "pozzo senza fondo" richiedeva anche un'abile gestione finanziaria, per la riscossione delle indulgenze nacquero banchieri incaricati, che trattenevano una percentuale e inoltravano il resto alla Santa Sede. Si finì - più tardi, come sappiamo- alla lotte per le indulgenze con Lutero primo accusatore e leader della riforma.
Tornando ai nostri fatti. Andiamo a Firenze. Questa rimasta sola con il Carrarese, credeva giunta l’ultima ora per la sua libertà. Non volendo perdere l’indipendenza alla quale teneva più che a se stessa, spedì ambasciatori a Bonifacio IX per indurlo a sostenerla nella lotta contro il Visconti sempre più aggressivi (avevano già subito dimenticato di essersi uniti in lega con Milano e altre città ribelli allo Stato dela Chiesa). 
Ma non dal Pontefice doveva venire la salvezza. La pestilenza nell’estate del 1402 infieriva in tutta Italia compresa la Lombardia. Per sfuggire il morbo Gian Galeazzo lasciò Milano e si ritirò a Melegnano, dove credeva di esser immune dal contagio; ma il 3 settembre, pochi giorni dopo del suo arrivo, cessò di vivere, segnando con la sua scomparsa dalla scena del mondo il ritorno di quell’equilibrio politico che in quindici anni di lotte era riuscito a turbare profondamente in suo favore.
Pareva che lo stato visconteo dovesse rapidamente dissolversi. Invece doveva ricomporsi di lì a poco sotto FILIPPO MARIA VISCONTI, destinato a risollevare sia pure per breve tempo la fortuna della sua famiglia.

Bonifacio ebbe appena il tempo di fare altri progetti dopo la morte di quel Visconti che gli aveva avvelenato quasi l'intero suo pontificato, morì il 1° ottobre 1404.
Roma, che per quindici anni era stata sotto il duro governo papale, si levò a tumulto al grido di libertà. Rivoleva subito un suo papa (italiano e a Roma), ma lo voleva privo di potere temporale. Queste lotte di due papi e questo scisma qualcosa avevano comunque lasciato. Bonifacio pur con tutti i suoi difetti, e la fama di simioniaco, aveva acquistato un certo prestigio, rispetto a quello Avignonese. Questi (Benedetto, che era succeduto come antipapa a Clemente VII) all'incontrario il prestigio l'aveva perso perfino nella stessa Francia dove il clero non tollerava le sue sempre più crescenti imposizioni tributarie ( O forse perchè semplicemente non era francese ma spagnolo). Fin dal 1398, un'assemblea a Tolosa composta da dottori universitari, 11 arcivescovi, 60 vescovi, 30 abati, venne alla deliberazione di sottrarsi alla sua obbedienza. Ma c'è da dire che lui alla sua elezione (1394) aveva sottoscritto e confermato con giuramento l'impegno di adoperarsi per la fine dello scisma, pronto anche ad abdicare qualora i cardinali elettori avessero ritenuto necessario quel gesto per il bene della Chiesa. Poi una volta sul soglio lui non ne parlò più e neppure gli altri sollecitarono a fare quel gesto. Quindi all'assemblea di Tolosa Benedetto protestò, e rimasto quasi solo per l'abbandono di molti cardinali, si barricò nel palazzo dei papi di Avignone e con animo indomito era deciso a fare la resistenza più disperata. Gli era contro anche il re di Francia, che però lo salvò dalla sicura morte per fame. Diede ordine ai suoi carcerieri di tenerlo sì rinchiuso ma non di affamarlo, e Benedetto in quella reclusione resistette quasi 5 anni. Ma fece così pena, che quando un giorno (il 13 marzo 1403) tentò la fuga, fuori trovò molti amici, la stessa università di Tolosa prese le sue difese e molti ecclesiastici tornarono sotto la sua obbedienza. Ma tutto questo era avvenuto perchè Benedetto aveva fatto compassione, gli amici e il clero vi erano stati spinti da uno spirito evangelico e in nome di una Chiesa cristiana universale ma nulla più, come prestigio era diventato una nullità.
Cionostante, aveva dichiarato pubblicamente che per il bene della Chiesa si sarebbe recato a Roma per incontrarvi il suo competitore; del resto fin dall'inizio aveva fatto giuramento di lavorare per la cessazione dello scisma, e anche pronto a presentare la propria rinuncia (leggeremo nella prossima biografia del nuovo papa, questo suo viaggio in Italia)

Abbiamo detto sopra che era diventato (politicamente) una nullità; eppure Benedetto aveva pure lui lasciato qualcosa, come l'aveva lasciato Bonifacio.

Lo storico protestante Gregorovius osserva acutamente "Qualunque regno temporale sarebbe senza dubbio crollato (in questa lunga e profonda scissione di menti e di cuori): eppure fu così mirabile l'organizzazione del regno spirituale, e talmente indistruttibile la forza del papato che questo scisma, il più profondo di quanti se ne conoscono, non ebbe per effetto che di mostrare la sua indivisibilità. I papi nemici tra loro, e i propri aderenti, ostili gli uni agli altri, affermavano recisamente gli uni e gli altri l'unità della Chiesa e del pontificato: perchè ogni partito credeva che il suo papa fosse il vero e considerava indivisibile il pontificato, e questo, per conseguenza, venne restaurato quando le persone furono vinte" (Tomo V, p. 747)
In conclusione, le coscienze ben radicate nella fede seppero elevarsi al di sopra delle dolorose contingenze, e non declinarono dalla retta via dottrinale.

 TORNA INDIETRO

 

©2006 Pianeta Gratis - Pianeta Gratis web Tutti i diritti riservati.