| Nacque nella zona
    di Lata a Roma da Adriano di nobile famiglia. La sua consacrazione avvenne
    piuttosto frettolosamente pochi giorni dopo la morte del predecessore
    Adriano III, nel settembre 885 e senza attendere l'approvazione imperiale,
    nonostante Roma fosse retta dal vescovo Giovanni di Pavia nella duplice
    veste di legato imperiale. Le rimostranze di Carlo il Grosso furono
    inizialmente pesanti, infatti inviò immediatamente il suo cancelliere
    Liutvardo con il decreto di deposizione del neo eletto pontefice il quale fu
    però intercettato dai legati pontifici inviati dal pontefice che lo
    convinsero della legittimità delle elezioni.
 Il papato di Stefano V fu funestato da moltissimi episodi di violenza,
    saccheggi e depredazioni sia dall'esterno ma anche dal proprio interno. Il
    popolo sempre più affamato non vedeva l'ora che morisse un papa per poter
    dar sfogo alle proprie rivendicazioni, quasi sempre impunemente quando ci
    fosse nella vacanza del soglio, per quanto breve questa potesse essere.
 Fin dai primi mesi di pontificato Stefano V fu costretto a misurarsi con i
    saraceni che si rifecero vivi dai loro covi sul fiume Garigliano, anche se
    furono sconfitti quasi subito sul Liri dalle truppe di Guido da Spoleto
    (riabilitato per l'occasione!).
 D'altro canto negli altri territori le cose non andarono meglio, proprio per
    la sete sempre più grande di potere dei feudi o anche semplici vassalli,
    determinatasi con il disfacimento dell'impero carolingio, infatti le
    scorrerie si moltiplicarono soprattutto con la destituzione (novembre 887),
    il confino in un convento italiano e la morte di Carlo III il Grosso,
    avvenuta nel gennaio 888.
 L'assemblea di Treviri stabilì che il successore di Carlo III fosse il
    nipote Arnolfo ma in effetti la Francia andò ad Oddone conte di Parigi, la
    Provenza a Bosone, la Borgogna a Rodolfo, le terre germaniche rimasero ad
    Arnolfo mentre nella penisola italica si ebbero grossi scontri tra
    Berengario marchese del Friuli e Guido duca di Spoleto e Camerino.
 Berengario riuscì a farsi incoronare re d'Italia nei primi giorni dell'888,
    approfittando dell'assenza di Guido che rientrato in Italia dalla Francia
    dove si era recato. Ma tra i due ebbe la meglio Guido che rientrato in
    fretta e furia sconfisse pesantemente il rivale proprio a Pavia (889) e gli
    strappò la corona reale , per indossare successivamente quella di
    imperatore a San Pietro nel febbraio dell'891.
 Corona imperiale che si rivelò molto fragile all'interno di enormi
    interessi contrapposti e sostenuti da eserciti ben più forti e consistenti.
 
 Agli inizi dello stesso anno morì anche Fozio già patriarca a
    Costantinopoli deposto dall'imperatore Leone VI ed il 14 settembre si spense
    anche Stefano V che fu sepolto in San Pietro.
 
 Dopo la morte di Giovanni II Parteciaco (881-887) , a Venezia si
    succedettero: Pietro I Candiano (887) e Pietro Tribuno (888-912).
 
 A Bisanzio si insediò Leone VI, il quale non si sprecò certo per il suo
    popolo ma preferì un'agiata corte. Di lui si narrò che fosse talmente
    preso dall' idea di stupire i potenti da proporsi egli stesso ingegnere:
    "Il trono era sorvegliato da due leoni d'oro che ruggivano muovendo la
    lingua e sferzando il suolo con la coda, ed innanzi ad esso era posto un
    platano d'oro, sui cui rami erano poste svariati uccelli di molte specie,
    sempre d'oro, che cantavano. Questi automi erano mossi da un sistema di
    pompe idrauliche. Forse il primo ad applicare quanto aveva teorizzato Erone
    di Alessandria nei suoi libri "Pneumatica" e "Mechanica".
    Lo stesso trono era dotato di un meccanismo che gli permetteva di sollevarsi
    in brevissimo tempo a grande altezza da terra, sempre nell'intento di
    stupire gli ambasciatori stranieri (a quanto ci riferisce Liutprando da
    Cremona. Anche nei giardini del Sacro Palazzo esistevano automi: "capre
    di bronzo che raspavano con i piedi mentre un pastorello le mungeva, tori di
    rame che agitavano la testa e che muggivano". Da alcune fontane, nei
    giorni di festa, era fatto sgorgare vino misto a miele e spezie. Un altro
    edificio compreso nella cittadella imperiale era il Boukoleon, un piccolo
    palazzo che si affacciava sul Mar di Marmara e che era stato la residenza di
    Giustiniano, che aveva il soffitto della camera da letto imperiale
    interamente d'oro. In un'altra stanza, interamente rivestita di porfido, le
    Imperatrici mettevano al mondo i loro figli, perciò detti Porfirogeniti.
    Non mancavano neppure le attrezzature sportive: un ippodromo coperto ("kaballarios"),
    una piscina (nella quale pare fosse stato assassinato Romano III Argiro) ed
    un campo da polo ("tzyganisterion"), un gioco importato dalla
    Persia e che era diventato il preferito dalla nobiltà bizantina. Infine, un
    prolungamento del Palazzo era costituito dal "kathisma", la
    tribuna imperiale che si affacciava nel grande Ippodromo, dalla quale il
    sovrano aveva un contatto diretto, ma sicuro, con il popolo. Nelle gradinate
    alla sua destra stavano seduti gli esponenti (demoti) della fazione degli
    Azzurri (conservatori), alla sinistra i demoti dei Verdi
    ("progressisti"); entrando nel "kathisma", l'Imperatore
    rivolgeva il primo saluto al "partito" che aveva scelto al momento
    della sua assunzione al trono (generalmente gli Azzurri). Una parte
    dell'Ippodromo, chiamata "Fionda", era il luogo deputato alle
    esecuzioni capitali, che spesso avvenivano subito dopo gli spettacoli dei
    mimi. Esisteva anche un altro palazzo a Ieria, sulla sponda asiatica del
    Bosforo, nel quale la corte si trasferiva in occasione di determinate feste
    (come quella della vendemmia)".
  
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