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CODICE PROCEDURA CIVILE

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LIBRO SECONDO

DEL PROCESSO DI COGNIZIONE

DEL PROCEDIMENTO E DEI PROVVEDIMENTI

 

Art. 374

(Pronuncia a sezioni unite)

La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1 dell'articolo 360 e nell'articolo 362.

Inoltre il primo presidente può disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza.

In tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione semplice.

Art. 375

(Pronuncia in camera di consiglio)

Oltre che per il caso di regolamento di competenza, la Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia in camera di consiglio con ordinanza quando, su richiesta del pubblico ministero o d'ufficio, riconosce di dover dichiarare l'inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale, pronunciare il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi previsti nell'articolo 360, ordinare la integrazione del contraddittorio o la notificazione di cui all'articolo 332, oppure dichiarare la estinzione del processo per avvenuta rinuncia (1).

La Corte, se ritiene che non ricorrono le ipotesi di cui al comma precedente, rinvia la causa alla pubblica udienza (1).

Le conclusioni del pubblico ministero sono notificate almeno venti giorni prima dell'adunanza della Corte in camera di consiglio agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare memorie entro il termine di cui all'articolo 378.

(1) Comma così sostituito dall'art. 64, L. 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 376

(Assegnazione dei ricorsi alle sezioni)

I ricorsi sono assegnati alle sezioni unite o alle sezioni semplici dal primo presidente.

La parte, che ritiene di competenza delle sezioni unite un ricorso assegnato a una sezione semplice, può proporre al primo presidente istanza di rimessione alle sezioni unite, fino a dieci giorni prima dell'udienza di discussione del ricorso.

All'udienza della sezione semplice, la rimessione può essere disposta soltanto su richiesta del pubblico ministero o d'ufficio, con ordinanza inserita nel processo verbale.

Art. 377

(Fissazione dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio)

Il primo presidente, su presentazione del ricorso a cura del cancelliere, fissa l'udienza o l'adunanza della camera di consiglio e nomina il relatore per i ricorsi assegnati alle sezioni unite. Per i ricorsi assegnati alle sezioni semplici provvede allo stesso modo il presidente della sezione.

Dell'udienza è data comunicazione dal cancelliere agli avvocati delle parti almeno venti giorni prima.

Articolo così sostituito dall'art. 65, L. 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 378

(Deposito di memorie di parte)

Le parti possono presentare le loro memorie in cancelleria non oltre cinque giorni prima della udienza.

Art. 379

(Discussione)

All'udienza il relatore riferisce i fatti rilevanti per la decisione del ricorso, il contenuto del provvedimento impugnato e, in riassunto, se non vi è discussione delle parti, i motivi del ricorso e del controricorso.

Dopo la relazione il presidente invita gli avvocati delle parti a svolgere le loro difese.

Quindi il pubblico ministero espone oralmente le sue conclusioni motivate.

Non sono ammesse repliche, ma gli avvocati delle parti possono nella stessa udienza presentare alla corte brevi osservazioni per iscritto sulle conclusioni del pubblico ministero.

Art. 380

(Deliberazione della sentenza)

La Corte, dopo la discussione della causa, delibera, nella stessa seduta, la sentenza in camera di consiglio (1).

Si applica alla deliberazione della Corte la disposizione dell'articolo 276.

(1) Comma così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.

Art. 381

Articolo abrogato dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.

Art. 382

(Decisione delle questioni di giurisdizione e di competenza)

La Corte, quando decide una questione di giurisdizione, statuisce su questa, determinando, quando occorre, il giudice competente.

Quando cassa per violazione delle norme sulla competenza, statuisce su questa.

Se riconosce che il giudice del quale si impugna il provvedimento e ogni altro giudice difettano di giurisdizione, cassa senza rinvio. Egualmente provvede in ogni altro caso in cui ritiene che la causa non poteva essere proposta o il processo proseguito.

Art. 383

(Cassazione con rinvio)

La Corte, quando accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli richiamati nell'articolo precedente, rinvia la causa ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata.

Nel caso previsto dall'articolo 360 secondo comma, la causa può essere rinviata al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull'appello al quale le parti hanno rinunciato.

La Corte, se riscontra una nullità del giudizio di primo grado per la quale il giudice d'appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, rinvia la causa a quest'ultimo.

Art. 384

(Enunciazione del principio di diritto e decisione della causa nel merito)

La Corte, quando accoglie il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, enuncia il principio di diritto al quale il giudice di rinvio deve uniformarsi ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Articolo così sostituito dall'art. 66, L. 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 385

(Provvedimenti sulle spese)

La Corte, se rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese.

Se cassa senza rinvio o per violazione delle norme sulla competenza, provvede sulle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidandole essa stessa o rimettendone la liquidazione al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.

Se rinvia la causa ad altro giudice, può provvedere sulle spese del giudizio di cassazione o rimetterne la pronuncia al giudice di rinvio.

Art. 386

(Effetti della decisione sulla giurisdizione)

La decisione sulla giurisdizione è determinata dall'oggetto della domanda e, quando prosegue il giudizio, non pregiudica le questioni sulla pertinenza del diritto e sulla proponibilità della domanda.

Art. 387

(Non riproponibilità del ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile)

Il ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile, non può essere riproposto, anche se non è scaduto il termine fissato dalla legge.

Art. 388

(Trasmissione di copia del dispositivo al giudice di merito)

Copia del dispositivo della sentenza è trasmessa dal cancelliere della Corte a quello del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, affinchè ne sia presa nota in margine all'originale di quest'ultimo.

Art. 389

(Domande conseguenti alla cassazione)

Le domande di restituzione o di riduzione in pristino e ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione si propongono al giudice di rinvio e, in caso di cassazione senza rinvio, al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.

Art. 390

(Rinuncia)

La parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale finchè non sia cominciata la relazione all'udienza, o sia notificata la richiesta del pubblico ministero di cui all'art. 375.

La rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche da questo solo se è munito di mandato speciale a tale effetto.

L'atto di rinuncia è notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto.

Art. 391

(Pronuncia sulla rinuncia)

Sulla rinuncia la Corte provvede con sentenza quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede con ordinanza.

L'ordinanza o la sentenza, che provvede sulla rinuncia, condanna il rinunciante alle spese (1).

L'ordinanza ha efficacia di titolo esecutivo.

La condanna non è pronunciata, se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale.

(1) Comma così sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.

Art. 391 bis

(Correzione degli errori materiali e revocazione delle sentenze della Corte di cassazione)

Se la sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione è affetta da errore materiale o di calcolo ai sensi dell'articolo 287 ovvero da errore di fatto ai sensi dell'articolo 395, numero 4), la parte interessata può chiederne la correzione o la revocazione con ricorso ai sensi degli articoli 365 e seguenti da notificare entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza, ovvero di un anno dalla pubblicazione della sentenza stessa.

Sul ricorso la Corte pronuncia in camera di consiglio a norma dell'articolo 375.

La pendenza del termine per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per cassazione respinto.

In caso di impugnazione per revocazione della sentenza della Corte di cassazione non è ammessa la sospensione dell'esecuzione della sentenza passata in giudicato, nè è sospeso il giudizio di rinvio o il termine per riassumerlo.

Articolo aggiunto dall'art. 67, L. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente la Corte Costituzionale, con sentenza 18 aprile 1996, n. 119, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui prevede un termine per la proposizione dell’istanza di correzione degli errori materiali delle sentenze della Corte di cassazione.

 

DEL GIUDIZIO DI RINVIO

 

Art. 392

(Riassunzione della causa)

La riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio può essere fatta da ciascuna delle parti non oltre un anno dalla pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione.

La riassunzione si fa con citazione, la quale è notificata personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.

Art. 393

(Estinzione del processo)

Se la riassunzione non avviene entro il termine di cui all'articolo precedente, o si avvera successivamente a essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio, l'intero processo si estingue; ma la sentenza della Corte di cassazione conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda.

Art. 394

(Procedimento in sede di rinvio)

In sede di rinvio si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti al giudice al quale la Corte ha rinviato la causa. In ogni caso deve essere prodotta copia autentica della sentenza di cassazione.

Le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata.

Nel giudizio di rinvio può deferirsi il giuramento decisorio, ma le parti non possono prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, salvo che la necessità delle nuove conclusioni sorga dalla sentenza di cassazione.

 

DELLA REVOCAZIONE

 

Art. 395

(Casi di revocazione)

Le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado possono essere impugnate per revocazione:

1) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra (1);

2) se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza.

3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario;

4) se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare;

5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purchè non abbia pronunciato sulla relativa eccezione;

6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.

La Corte costituzionale, con sentenza 30 gennaio 1986, n. 17, ha dichiarato l'illegittimità di questo articolo nella parte in cui non prevede la revocazione delle sentenze della Corte di cassazione rese su ricorsi basati sull'art. 360, n. 4, del codice di procedura civile ed affette dall'errore di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c..

Con successiva sentenza n. 558 del 20 dicembre 1989 la stessa Corte ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 395, prima parte, e n. 4 c.p.c. nella parte in cui non prevede la revocazione per errore di fatto avverso i provvedimenti di convalida di sfratto e licenza per finita locazione e di convalida di sfratto per morosità emessi in assenza o per mancata opposizione dell'intimato.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 20 febbraio 1995, n. 51, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del numero 1) del presente articolo nella parte in cui non prevede la revocazione avverso i provvedimenti di convalida di sfratto per morosità che siano l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra.

Art. 396

(Revocazione delle sentenze per le quali è scaduto il termine per l'appello)

Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l'appello possono essere impugnate per revocazione nei casi dei nn. 1, 2, 3 e 6 dell'articolo precedente, purchè la scoperta del dolo o della falsità o il recupero dei documenti o la pronuncia della sentenza di cui al n. 6 siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto.

Se i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il corso del termine per l'appello, il termine stesso è prorogato dal giorno dell'avvenimento in modo da raggiungere i trenta giorni da esso.

Art. 397

(Revocazione proponibile dal pubblico ministero)

Nelle cause in cui l'intervento del pubblico ministero è obbligatorio a norma dell'articolo 70 primo comma, le sentenze previste nei due articoli precedenti possono essere impugnate per revocazione dal pubblico ministero:

1) quando la sentenza è stata pronunciata senza che egli sia stato sentito;

2) quando la sentenza è l'effetto della collusione posta in opera dalle parti per frodare la legge.

Art. 398

(Proposizione della domanda)

La revocazione si propone con citazione davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.

La citazione deve indicare, a pena d'inammissibilità, il motivo della revocazione e le prove relative alla dimostrazione dei fatti di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'articolo 395, del giorno della scoperta o dell'accertamento del dolo o della falsità, o del recupero dei documenti.

La citazione deve essere sottoscritta da un difensore munito di procura speciale (1).

La proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il procedimento relativo. Tuttavia il giudice davanti a cui è proposta la revocazione, su istanza di parte, può sospendere l'uno o l'altro fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione, qualora ritenga non manifestamente infondata la revocazione proposta (2).

(1) Comma così sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.

(2) Comma così sostituito dall'art. 68, L. 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 399

(Deposito della citazione e della risposta)

Se la revocazione è proposta davanti al tribunale o alla corte d'appello, la citazione deve essere depositata, a pena di improcedibilità, entro venti giorni dalla notificazione nella cancelleria del giudice adito insieme con la copia autentica della sentenza impugnata (1).

Le altre parti debbono costituirsi nello stesso termine mediante deposito in cancelleria di una comparsa contenente le loro conclusioni.

Se la revocazione è proposta davanti al pretore o al conciliatore il deposito e la costituzione di cui ai due commi precedenti debbono farsi a norma dell'articolo 314.

(1) Comma così sostituito dalla L. 18 dicembre 1977, n. 793.

Art. 400

(Procedimento)

Davanti al giudice adito si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti a lui, in quanto non derogate da quelle del presente capo.

Art. 401

(Sospensione dell'esecuzione)

Il giudice della revocazione può pronunciare su istanza di parte inserita nell'atto di citazione, la ordinanza prevista nell'articolo 373, con lo stesso procedimento in camera di consiglio ivi stabilito.

Articolo così sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.

Art. 402

(Decisione)

Con la sentenza che pronuncia la revocazione il giudice decide il merito della causa e dispone l'eventuale restituzione di ciò che siasi conseguito con la sentenza revocata (1).

Il giudice, se per la decisione del merito della causa ritiene di dover disporre nuovi mezzi istruttori, pronuncia, con sentenza, la revocazione della sentenza impugnata e rimette con ordinanza le parti davanti all'istruttore (2).

(1) Comma così sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.

(2) Comma così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.

Art. 403

(Impugnazione della sentenza di revocazione)

Non può essere impugnata per revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione.

Contro di essa sono ammessi i mezzi d'impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione.

 

DELL'OPPOSIZIONE DI TERZO

 

Art. 404

(Casi di opposizione di terzo)

Un terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti (1).

Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando è l'effetto di dolo o collusione a loro danno.

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non ammette:

- l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di convalida di sfratto per finita locazione, emanata per la mancata comparizione dell'intimato o per la mancata opposizione dell'intimato pur comparso (sentenza 7 giugno 1984, n. 167).

- l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di sfratto per morosità (sentenza 25 ottobre 1985, n. 237).

- l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza con la quale il pretore dispone l'affrancazione del fondo ex art. 4 della legge 22 luglio 1966, n. 607 (sentenza 20 dicembre 1988, n. 1105).

(1) La Corte costituzionale, con sentenza n. 192 del 26 maggio 1995, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo comma, nella parte in cui non ammette l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di convalida di licenza per finita locazione.

Art. 405

(Domanda di opposizione)

L'opposizione è proposta davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza, secondo le forme prescritte per il procedimento davanti a lui.

La citazione deve contenere, oltre agli elementi di cui all'art. 163, anche l'indicazione della sentenza impugnata e, nel caso del secondo comma dell'articolo precedente l'indicazione del giorno in cui il terzo è venuto a conoscenza del dolo o della collusione, e della relativa prova.

Art. 406

(Procedimento)

Davanti al giudice adito si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti a lui, in quanto non derogate da quelle del presente capo.

Art. 407

(Sospensione dell'esecuzione)

Il giudice dell'opposizione può pronunciare, su istanza di parte inserita nell'atto di citazione, l'ordinanza prevista nell'art. 373, con lo stesso procedimento in camera di consiglio ivi stabilito.

Articolo così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.

Art. 408

(Decisione)

Il giudice, se dichiara inammissibile o improcedibile la domanda o la rigetta per infondatezza dei motivi, condanna l'opponente al pagamento di una pena pecuniaria di lire quattrocento se la sentenza impugnata è del conciliatore, di lire seicento se è del pretore, di lire milleduecento se è del tribunale e di lire duemilaquattrocento in ogni altro caso.

 

NORME PER LE CONTROVERSIE IN MATERIA DI LAVORO

 

DELLE CONTROVERSIE INDIVIDUALI DI LAVORO

 

 DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 409

(Controversie individuali di lavoro)

Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a:

1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all'esercizio di una impresa;

2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonchè rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie;

3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato;

4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica;

5) rapporti di lavori dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, semprechè non siano devoluti dalla legge ad altro giudice.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 410

(Tentativo facoltativo di conciliazione)

Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall'articolo precedente, e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti e accordi collettivi, può promuovere anche tramite una associazione sindacale il tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione, nella cui circoscrizione si trova l'azienda o una qualsiasi dipendenza di questa, alla quale è addetto il lavoratore, o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto.

La commissione, ricevuta la richiesta, tenta la conciliazione della controversia, convocando le parti, per una riunione da tenersi non oltre dieci giorni dal ricevimento della richiesta.

Con provvedimento del direttore dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione è istituita in ogni provincia, presso l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, una commissione provinciale di conciliazione composta dal direttore dell'ufficio stesso o da un suo delegato, in qualità di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale.

Commissioni di conciliazione possono essere istituite, con le stesse modalità e con la medesima composizione di cui al precedente comma, anche presso le sezioni zonali degli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione.

Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessità, affidano il tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione o da un suo delegato, che rispecchino la composizione prevista dal precedente terzo comma.

In ogni caso per la validità della riunione è necessaria la presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori di lavoro e di uno dei lavoratori.

Ove la riunione della commissione non sia possibile per la mancata presenza di almeno uno dei componenti di cui al precedente comma, il direttore dell'ufficio provinciale del lavoro certifica l'impossibilità di procedere al tentativo di conciliazione.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 411

(Processo verbale di conciliazione)

Se la conciliazione riesce, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal presidente del collegio che ha esperito il tentativo, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere.

Il processo verbale è depositato a cura delle parti o dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione nella cancelleria della pretura nella cui circoscrizione è stato formato. Il pretore, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.

Se il tentativo di conciliazione si è svolto in sede sindacale, il processo verbale di avvenuta conciliazione è depositato presso l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione a cura di una delle parti o per il tramite di un'associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato, accertatane la autenticità, provvede a depositarlo nella cancelleria della pretura nella cui circoscrizione è stato redatto. Il pretore, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 412

(Processo verbale di mancata conciliazione)

Se la conciliazione non riesce, si forma processo verbale: in esso le parti possono indicare la soluzione, anche parziale, nella quale concordano, precisando, quando è possibile, l'ammontare del credito che spetta al lavoratore. In quest'ultimo caso il processo verbale acquista efficacia di titolo esecutivo, osservate le disposizioni di cui all'articolo 411.

L'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione ha l'obbligo di rilasciare, alla parte che ne faccia richiesta, copia del verbale nel termine di cinque giorni.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

 

DEL PROCEDIMENTO

 

DEL PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO

 

Art. 413

(Giudice competente)

Le controversie previste dall'articolo 409 sono in primo grado di competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro.

Competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto ovvero si trova l'azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto.

Tale competenza permane dopo il trasferimento dell'azienda o la cessazione di essa o della sua dipendenza, purchè la domanda sia proposta entro sei mesi dal trasferimento o dalla cessazione.

Competente per territorio per le controversie previste dal numero 3) dell'articolo 409 è il giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell'agente, del rappresentante di commercio ovvero del titolare degli altri rapporti di collaborazione di cui al predetto numero 3) dell'articolo 409 (1).

Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei commi precedenti, si applicano quelle dell'articolo 18.

Sono nulle le clausole derogative della competenza per territorio.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

(1) Comma aggiunto dall'art. 1, L. 11 febbraio 1992, n. 128.

Art. 414

(Forma della domanda)

La domanda si propone con ricorso, il quale deve contenere:

1) l'indicazione del giudice;

2) il nome, il cognome, nonchè la residenza o il domicilio eletto dal ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome, il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto; se ricorrente o convenuto è una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonchè la sede del ricorrente o del convenuto;

3) la determinazione dell'oggetto della domanda;

4) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni;

5) l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e in particolare dei documenti che si offrono in comunicazione.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 415

(Deposito del ricorso e decreto di fissazione dell'udienza)

Il ricorso è depositato nella cancelleria del giudice competente insieme con i documenti in esso indicati.

Il giudice, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, fissa, con decreto, l'udienza di discussione, alla quale le parti sono tenute a comparire personalmente.

Tra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza di discussione non devono decorrere più di sessanta giorni.

Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato al convenuto, a cura dell'attore, entro dieci giorni dalla data di pronuncia del decreto, salvo quanto disposto dall'articolo 417.

Tra la data di notificazione al convenuto e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.

Il termine di cui al comma precedente è elevato a quaranta giorni e quello di cui al terzo comma è elevato a ottanta giorni nel caso in cui la notificazione prevista dal quarto comma debba effettuarsi all'estero.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 416

(Costituzione del convenuto)

Il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza, dichiarando la residenza o eleggendo domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito.

La costituzione del convenuto si effettua mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva, nella quale devono essere proposte, a pena di decadenza, le eventuali domande in via riconvenzionale e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio.

Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 417

(Costituzione e difesa personali delle parti)

In primo grado la parte può stare in giudizio personalmente quando il valore della causa non eccede le lire duecentocinquantamila.

La parte che sta in giudizio personalmente propone la domanda nelle forme di cui all'articolo 414 o si costituisce nelle forme di cui all'articolo 416 con elezione di domicilio nell'ambito del territorio della Repubblica.

Può proporre la domanda anche verbalmente davanti al pretore che ne fa redigere processo verbale.

Il ricorso o il processo verbale con il decreto di fissazione dell'udienza devono essere notificati al convenuto e allo stesso attore a cura della cancelleria entro i termini di cui all'articolo 415.

Alle parti che stanno in giudizio personalmente ogni ulteriore atto o memoria deve essere notificato dalla cancelleria.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 418

(Notificazione della domanda riconvenzionale)

Il convenuto che abbia proposta una domanda in via riconvenzionale a norma del secondo comma dell'articolo 416 deve, con istanza contenuta nella stessa memoria, a pena di decadenza dalla riconvenzionale medesima, chiedere al giudice che, a modifica del decreto di cui al secondo comma dell'articolo 415, pronunci, non oltre cinque giorni, un nuovo decreto per la fissazione dell'udienza.

Tra la proposizione della domanda riconvenzionale e l'udienza di discussione non devono decorrere più di cinquanta giorni.

Il decreto che fissa l'udienza deve essere notificato all'attore a cura dell'ufficio, unitamente alla memoria difensiva, entro dieci giorni dalla data in cui è stato pronunciato.

Tra la data di notificazione all'attore del decreto pronunciato a norma del primo comma e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni.

Nel caso in cui la notificazione del decreto debba farsi all'estero il termine di cui al secondo comma è elevato a settanta giorni, e quello di cui al comma precedente è elevato a trentacinque giorni.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 419

(Intervento volontario)

Salvo che sia effettuato per l'integrazione necessaria del contraddittorio, l'intervento del terzo ai sensi dell'articolo 105 non può aver luogo oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, con le modalità previste dagli articoli 414 e 416 in quanto applicabili.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. La Corte costituzionale, con sentenza n. 193 del 29 giugno 1983, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di questo articolo nella parte in cui, ove un terzo spieghi intervento volontario, non attribuisce al giudice il potere-dovere di fissare - con il rispetto del termine di cui all'art. 415, comma 5 (elevabile a quaranta giorni allorquando la notificazione ad alcune delle parti originarie contumaci debba effettuarsi all'estero) - una nuova udienza, non meno di dieci giorni prima della quale potranno le parti originarie depositare memorie, e di disporre che, entro cinque giorni, siano notificati alle parti originarie il provvedimento di fissazione e la memoria dell'interveniente, e che sia notificato a quest'ultimo il provvedimento di fissazione della nuova udienza.

Art. 420

(Udienza di discussione della causa)

Nell'udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti e tenta la conciliazione della lite. La mancata comparizione personale delle parti, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione. Le parti possono, se ricorrono gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate, previa autorizzazione del giudice.

Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata dal giudice ai fini della decisione.

Il verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo.

Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per la decisione, o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione può definire il giudizio, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva dando lettura del dispositivo.

Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova già proposti dalle parti e quelli che le parti non abbiano potuto proporre prima, se ritiene che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa nell'udienza, per la loro immediata assunzione.

Qualora ciò non sia possibile, fissa altra udienza, non oltre dieci giorni dalla prima, concedendo alle parti, ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio non superiore a cinque giorni prima dell'udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note difensive.

Nel caso in cui vengano ammessi nuovi mezzi di prova, a norma del quinto comma, la controparte può dedurre i mezzi di prova che si rendano necessari in relazione a quelli ammessi, con assegnazione di un termine perentorio di cinque giorni. Nell'udienza fissata a norma del precedente comma il giudice ammette, se rilevanti, i nuovi mezzi di prova dedotti dalla controparte e provvede alla loro assunzione.

L'assunzione delle prove deve essere esaurita nella stessa udienza o, in caso di necessità, in udienza da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi.

Nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma, 106 e 107 il giudice fissa una nuova udienza e dispone che, entro cinque giorni, siano notificati al terzo il provvedimento nonchè il ricorso introduttivo e l'atto di costituzione del convenuto, osservati i termini di cui ai commi terzo, quinto e sesto dell'articolo 415. Il termine massimo entro il quale deve tenersi la nuova udienza decorre dalla pronuncia del provvedimento di fissazione.

Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell'udienza fissata, depositando la propria memoria a norma dell'articolo 416.

A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti provvede l'ufficio.

Le udienze di mero rinvio sono vietate.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 421

(Poteri istruttori del giudice)

Il giudice indica alle parti in ogni momento le irregolarità degli atti e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine per provvedervi, salvo gli eventuali diritti quesiti.

Può altresì disporre d'ufficio in qualsiasi momento l'ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione del giuramento decisorio, nonchè la richiesta di informazioni e osservazioni, sia scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate dalle parti. Si osserva la disposizione del comma sesto dell'articolo precedente.

Dispone, su istanza di parte, l'accesso sul luogo di lavoro, purchè necessario al fine dell'accertamento dei fatti, e dispone altresì, se ne ravvisa l'utilità, l'esame dei testimoni sul luogo stesso.

Il giudice, ove lo ritenga necessario, può ordinare la comparizione, per interrogarle liberamente sui fatti della causa, anche di quelle persone che siano incapaci di testimoniare a norma dell'articolo 246 o a cui sia vietato a norma dell'articolo 247.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 422

(Registrazione su nastro)

Il giudice può autorizzare la sostituzione della verbalizzazione da parte del cancelliere con la registrazione su nastro delle deposizioni di testi e delle audizioni delle parti o di consulenti.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 423

(Ordinanze per il pagamento di somme)

Il giudice, su istanza di parte, in ogni stato del giudizio, dispone con ordinanza il pagamento delle somme non contestate.

Egualmente, in ogni stato del giudizio, il giudice può, su istanza del lavoratore, disporre con ordinanza il pagamento di una somma a titolo provvisorio quando ritenga il diritto accertato e nei limiti della quantità per cui ritiene già raggiunta la prova.

Le ordinanze di cui ai commi precedenti costituiscono titolo esecutivo.

L'ordinanza di cui al secondo comma è revocabile con la sentenza che decide la causa.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 424

(Assistenza del consulente tecnico)

Se la natura della controversia lo richiede, il giudice, in qualsiasi momento, nomina uno o più consulenti tecnici, scelti in albi speciali, a norma dell'articolo 61. A tal fine il giudice può disporre ai sensi del sesto comma dell'articolo 420.

Il consulente può essere autorizzato a riferire verbalmente ed in tal caso le sue dichiarazioni sono integralmente raccolte a verbale, salvo quanto previsto dal precedente articolo 422.

Se il consulente chiede di presentare relazione scritta, il giudice fissa un termine non superiore a venti giorni, non prorogabile, rinviando la trattazione ad altra udienza.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 425

(Richiesta di informazioni e osservazioni alle associazioni sindacali)

Su istanza di parte, l'associazione sindacale indicata dalla stessa ha facoltà di rendere in giudizio, tramite un suo rappresentante, informazioni e osservazioni orali o scritte.

Tali informazioni e osservazioni possono essere rese anche nel luogo di lavoro ove sia stato disposto l'accesso ai sensi del terzo comma dell'articolo 421.

A tal fine, il giudice può disporre ai sensi del sesto comma dell'articolo 420.

Il giudice può richiedere alle associazioni sindacali il testo dei contratti e accordi collettivi di lavoro, anche aziendali, da applicare nella causa.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 426

(Passaggio dal rito ordinario al rito speciale)

Il pretore quando rileva che una causa promossa nelle forme ordinarie riguarda uno dei rapporti previsti dall'articolo 409, fissa con ordinanza l'udienza di cui all'articolo 420 e il termine perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all'eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria.

Nell'udienza come sopra fissata provvede a norma degli articoli che precedono.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Successivamente la Corte costituzionale, con sentenza 14 gennaio 1977, n. 14, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 426 del codice di procedura civile, come modificato dall'art. 1, della legge 11 agosto 1973, n. 533 (sul nuovo rito del lavoro), e dell'articolo 20 della legge medesima nella parte in cui, con riguardo alle cause pendenti al momento dell'entrata in vigore della legge, non è prevista la comunicazione anche alla parte contumace dell'ordinanza che fissa la udienza di discussione ed il termine perentorio per l'integrazione degli atti.

Art. 427

(Passaggio dal rito speciale al rito ordinario)

Il pretore quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite dal presente capo riguarda un rapporto diverso da quelli previsti dall'articolo 409, se la causa stessa rientra nella sua competenza dispone che gli atti siano messi in regola con le disposizioni tributarie, altrimenti la rimette con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con il rito ordinario.

In tal caso le prove acquisite durante lo stato di rito speciale avranno l'efficacia consentita dalle norme ordinarie.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 428

(Incompetenza del giudice)

Quando una causa relativa ai rapporti di cui all'articolo 409 sia stata proposta a giudice incompetente, l'incompetenza può essere eccepita dal convenuto soltanto nella memoria difensiva di cui all'articolo 416 ovvero rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la udienza di cui all'articolo 420.

Quando l'incompetenza sia stata eccepita o rilevata ai sensi del comma precedente, il giudice rimette la causa al pretore in funzione di giudice del lavoro, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con rito speciale.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 429

(Pronuncia della sentenza)

Nell'udienza, il giudice, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo.

Se il giudice lo ritiene necessario, su richiesta delle parti, concede alle stesse un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive, rinviando la causa all'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine suddetto, per la discussione e la pronuncia della sentenza.

Il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 430

(Deposito della sentenza)

La sentenza deve essere depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla pronuncia. Il cancelliere ne dà immediata comunicazione alle parti.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 431

(Esecutorietà della sentenza)

Le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di cui all'articolo 409 sono provvisoriamente esecutive.

All'esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo, in pendenza del termine per il deposito della sentenza.

Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa quando dalla stessa possa derivare all'altra parte gravissimo danno.

La sospensione disposta a norma del comma precedente può essere anche parziale e, in ogni caso, l'esecuzione provvisoria resta autorizzata fino alla somma di lire cinquecentomila.

Le sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di lavoro sono provvisoriamente esecutive e sono soggette alla disciplina degli articoli 282 e 283 (1).

Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono gravi motivi (1).

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

(1) Comma aggiunto dall'art. 69, L. 26 novembre 1990, n. 353.

Art. 432

(Valutazione equitativa delle prestazioni)

Quando sia certo il diritto ma non sia possibile determinare la somma dovuta, il giudice la liquida con valutazione equitativa.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

 

DELLE IMPUGNAZIONI

 

Art. 433

(Giudice d'appello)

L'appello contro le sentenze pronunciate nei processi relativi alle controversie previste nell'articolo 409 deve essere proposto con ricorso davanti al tribunale territorialmente competente in funzione di giudice del lavoro.

Ove l'esecuzione sia iniziata, prima della notificazione della sentenza, l'appello può essere proposto con riserva dei motivi che dovranno essere presentati nel termine di cui all'articolo 434.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 434

(Deposito del ricorso in appello)

Il ricorso deve contenere l'esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici dell'impugnazione, nonchè le indicazioni prescritte dall'articolo 414.

Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria del tribunale entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza, oppure entro quaranta giorni nel caso in cui la notificazione abbia dovuto effettuarsi all'estero.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 435

(Decreto del presidente)

Il presidente del tribunale entro cinque giorni dalla data di deposito del ricorso nomina il giudice relatore e fissa, non oltre sessanta giorni dalla data medesima, l'udienza di discussione dinanzi al collegio.

L'appellante, nei dieci giorni successivi al deposito del decreto, provvede alla notifica del ricorso e del decreto dell'appellato (1).

Tra la data di notificazione all'appellato e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni.

Nel caso in cui la notificazione prevista dal secondo comma deve effettuarsi all'estero, i termini di cui al primo e al terzo comma sono elevati, rispettivamente, a ottanta e sessanta giorni.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 14 gennaio 1977, n. 15, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non dispone che l'avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza di discussione sia comunicato all'appellante e che da tale comunicazione decorra il termine per la notificazione all'appellato.

Art. 436

(Costituzione dell'appellato e appello incidentale)

L'appellato deve costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza.

La costituzione dell'appellato si effettua mediante deposito in cancelleria del fascicolo e di una memoria difensiva, nella quale deve essere contenuta dettagliata esposizione di tutte le sue difese.

Se propone appello incidentale, l'appellato deve esporre nella stessa memoria i motivi specifici su cui fonda l'impugnazione. L'appello incidentale deve essere proposto, a pena di decadenza, nella memoria di costituzione, da notificarsi, a cura dell'appellato, alla controparte almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'articolo precedente.

Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell'articolo 416.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 437

(Udienza di discussione)

Nell'udienza il giudice incaricato fa la relazione orale della causa. Il collegio, sentiti i difensori delle parti, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo nella stessa udienza.

Non sono ammesse nuove domande ed eccezioni. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova, tranne il giuramento estimatorio, salvo che il collegio, anche d'ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa.

È salva la facoltà delle parti di deferire il giuramento decisorio in qualsiasi momento della causa.

Qualora ammetta le nuove prove, il collegio fissa, entro venti giorni, l'udienza nella quale esse debbono essere assunte e deve essere pronunciata la sentenza. In tal caso il collegio con la stessa ordinanza può adottare i provvedimenti di cui all'articolo 423.

Sono applicabili le disposizioni di cui ai commi secondo e terzo dell'articolo 429.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 438

(Deposito della sentenza di appello)

Il deposito della sentenza di appello è effettuato con l'osservanza delle norme di cui all'articolo 430.

Si applica il disposto del secondo comma dell'articolo 431.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 439

(Cambiamento del rito in appello)

Il tribunale, se ritiene che il procedimento in primo grado non si sia svolto secondo il rito prescritto, procede a norma degli articoli 426 e 427.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 440

(Appellabilità delle sentenze)

Sono inappellabili le sentenze che hanno deciso una controversia di valore non superiore a lire cinquantamila.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

Art. 441

(Consulente tecnico in appello)

Il collegio, nell'udienza di cui al primo comma dell'articolo 437, può nominare un consulente tecnico rinviando ad altra udienza da fissarsi non oltre trenta giorni. In tal caso con la stessa ordinanza può adottare i provvedimenti di cui all'articolo 423.

Il consulente deve depositare il proprio parere almeno dieci giorni prima della nuova udienza.

Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.

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