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CODICE CIVILE

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Il modo di procedere nei ricorsi amministrativi e nella rimozione o nel trasferimento dei parroci

SEZIONE I

IL RICORSO CONTRO I DECRETI AMMINISTRATIVI

Can. 1732 - Quanto è stabilito nei canoni di questa sezione per i decreti, deve essere applicato a tutti gli atti amministrativi singolari, che vengono dati in foro esterno fuori del giudizio, ad eccezione di quelli emanati dal Romano Pontefice stesso o dal Concilio Ecumenico stesso.

Can. 1733 - § 1. E' assai desiderabile che, ogniqualvolta qualcuno si ritenga onerato da un decreto, non vi sia contesa tra di lui e l'autore del decreto, ma tra di loro si provveda di comune accordo a ricercare un'equa soluzione, ricorrendo anche a persone autorevoli per la mediazione e lo studio, così che per via idonea si eviti o si componga la controversia.

§ 2. La Conferenza Episcopale può stabilire che in ciascuna diocesi si costituisca stabilmente un vero e proprio ufficio o consiglio, che abbia il compito, secondo norme da stabilirsi dalla Conferenza medesima, di ricercare e suggerire eque soluzioni; se la Conferenza poi non diede tale disposizione può costituirlo anche il Vescovo.

§ 3. L'ufficio o consiglio, di cui al § 2, operi principalmente allorquando sia richiesta la revoca del decreto a norma del can. 1734, né siano spirati i termini per ricorrere; che se è stato proposto ricorso contro il decreto, lo stesso Superiore o il giudice che esamina il ricorso, esorti il ricorrente e l'autore del decreto, ogniqualvolta intraveda una speranza di buon esito, a ricercare tali soluzioni.

Can. 1734 - § 1. Chiunque prima di presentare ricorso deve chiedere per iscritto la revoca o la correzione del decreto al suo autore; presentata questa domanda s'intende con ciò stesso richiesta la sospensione dell'esecuzione.

§ 2. La domanda deve essere fatta entro il termine perentorio di dieci giorni utili dalla legittima intimazione del decreto.

§ 3. Le norme dei §§ 1 e 2 non valgono:

            1° per il ricorso da presentare al Vescovo contro i decreti emessi dalle autorità a lui soggette;

            2° per ricorso da presentare contro un decreto in cui si decide il ricorso gerarchico, a meno che la decisione non sia presa dal Vescovo;

            3° per i ricorsi da proporre a norma dei cann. 57 e 1735.

Can. 1735 - Se entro trenta giorni da quando gli è pervenuta la domanda di cui al can. 1734, l'autore del decreto emetta un nuovo decreto con il quale corregga il primo o decida che si deve respingere la domanda, i termini per il ricorso decorrono dall'intimazione del nuovo decreto; se poi entro trenta giorni non decide nulla, i termini decorrono dal trentesimo giorno.

Can. 1736 - § 1. In quelle materie in cui il ricorso gerarchico sospende l'esecuzione del decreto, anche la domanda di cui al can. 1734 produce lo stesso effetto.

§ 2. In tutti gli altri casi, a meno che l'autore stesso del decreto, entro dieci giorni da quando gli è pervenuta la domanda di cui al can. 1734, non abbia deciso di sospendere l'esecuzione, la sospensione può frattanto essere richiesta al suo Superiore gerarchico, che la può decidere soltanto per le cause gravi ed evitando sempre che la salvezza delle anime ne subisca danno.

§ 3. Sospesa l'esecuzione del decreto a norma del § 2, qualora in seguito sia presentato ricorso, colui che deve giudicare il ricorso stesso a norma del can. 1737, § 3, decida se la sospensione debba essere confermata oppure revocata.

§ 4. Se nessun ricorso viene presentato contro il decreto nel termine stabilito, per ciò stesso cessa la sospensione della esecuzione messa in atto nel frattempo a norma dei §§ 1 e 2.

Can. 1737 - § 1. Chi sostiene di essere onerato da un decreto, può ricorrere al Superiore gerarchico di colui che ha emesso il decreto, per un motivo giusto qualsiasi; il ricorso può essere presentato avanti all'autore stesso del decreto, il quale lo deve immediatamente trasmettere al Superiore gerarchico competente.

§ 2. Il ricorso deve essere presentato entro il termine perentorio di quindici giorni utili, che nei casi di cui al can. 1734, § 3, decorrono dal giorno in cui il decreto fu intimato, in tutti gli altri casi invece decorrono a norma del can. 1735.

§ 3. Anche nei casi in cui il ricorso non sospende per il diritto stesso l'esecuzione, né la sospensione fu decisa a norma del can. 1736, § 2, il Superiore può tuttavia per una causa grave ordinare che l'esecuzione sia sospesa, evitando che la salvezza delle anime ne subisca danno.

Can. 1738 - Il ricorrente ha sempre diritto di valersi di un avvocato o procuratore, evitando inutili ritardi; anzi sia costituito un patrono d'ufficio se il ricorrente non ha un patrono e il Superiore lo ritenga necessario; il Superiore può tuttavia sempre ordinare al ricorrente di presentarsi personalmente per essere interrogato.

Can. 1739 - Al Superiore che giudica il ricorso è consentito, a seconda dei casi, non solo di confermare o dichiarare invalido il decreto, ma anche di rescinderlo, revocarlo, o, se ciò sembra al Superiore più opportuno, correggerlo, subrogarlo, abrogarlo.

SEZIONE II

PROCEDURA PER LA RIMOZIONE E IL TRASFERIMENTO DEI PARROCI

Capitolo I

MODO DI PROCEDERE NELLA RIMOZIONE DEI PARROCI

Can. 1740 - Quando il ministero pastorale di un parroco per qualche causa, anche senza sua colpa grave, risulti dannoso o almeno inefficace, quel parroco può essere rimosso dalla parrocchia da parte del Vescovo.

Can. 1741 - Le cause, per le quali il parroco può essere legittimamente rimosso dalla sua parrocchia, sono principalmente queste:

            1° il modo di agire che arrechi grave danno o turbamento alla comunione ecclesiale;

            2° l'inettitudine o l'infermità permanente della mente o del corpo, che rendano il parroco impari ad assolvere convenientemente i suoi compiti;

            3° la perdita della buona considerazione da parte di parrocchiani onesti e seri o l'avversione contro il parroco, che si preveda non cesseranno in breve;

            4° grave negligenza o violazione dei doveri parrocchiali, che persista dopo l'ammonizione;

            5° cattiva amministrazione delle cose temporali con grave danno della Chiesa, ogniqualvolta a questo male non si possa porre altro rimedio.

Can. 1742 - § 1. Se dall'istruttoria svolta è risultato esservi la causa di cui al can. 1740, il Vescovo discuta la cosa con due parroci scelti dal gruppo a ciò stabilmente costituito dal consiglio presbiterale, su proposta del Vescovo; che se poi ritenga si debba addivenire alla rimozione, indicati per la validità la causa e gli argomenti, convinca paternamente il parroco a rinunziare entro quindici giorni.

§ 2. Per i parroci che sono membri di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, si osservi il disposto del can. 682, § 2.

Can. 1743 - La rinuncia può essere fatta dal parroco non soltanto in maniera pura e semplice, ma anche sotto condizione, purché questa possa essere legittimamente accettata dal Vescovo e di fatto egli la accetti.

Can. 1744 - § 1. Se il parroco entro i giorni stabiliti non avrà risposto, il Vescovo lo inviti nuovamente prorogando i termini di tempo utile per rispondere.

§ 2. Se al Vescovo consta che il parroco ha ricevuto il secondo invito e non ha risposto benché non fosse trattenuto da alcun impedimento, o se il parroco senza addurre alcun motivo si rifiuta di rinunciare, il Vescovo emetta il decreto di rimozione.

Can. 1745 - Se poi il parroco contesta la causa addotta e le sue motivazioni, allegando motivi che il Vescovo sembrino insufficienti, questi per agire validamente:

            1° lo inviti a raccogliere in una relazione scritta, dopo aver esaminato gli atti, le sue impugnazioni, anzi ad addurre le prove in contrario, se ne abbia;

            2° quindi, completata se necessario l'istruttoria, insieme agli stessi parroci, di cui al can. 1742, § 1, se non se ne debbano designare altri essendo quelli impossibilitati, valuti la cosa;

            3° infine stabilisca se il parroco debba essere rimosso o no, ed emetta subito il relativo decreto.

Can. 1746 - Il Vescovo provveda al parroco rimosso sia con l'assegnazione di un altro ufficio, se a questo sia idoneo, sia con una pensione a seconda che il caso lo comporti e le circostanze lo permettano.

Can. 1747 - § 1 Il parroco rimosso deve astenersi dall'esercitare delle funzioni di parroco, quanto prima lasci libera la casa parrocchiale, e consegnare tutto ciò che appartiene alla parrocchia, a colui al quale essa fu affidata dal Vescovo.

§ 2. Se poi si tratta di un infermo, che dalla casa parrocchiale non può trasferirsi altrove senza incomodo, il Vescovo gliene consenta l'uso anche esclusivo, finché perdura tale necessità.

§ 3. In pendenza del ricorso contro il decreto di rimozione, il Vescovo non può nominare un nuovo parroco, ma nel frattempo provveda tramite un amministratore parrocchiale.

Capitolo II

MODO DI PROCEDERE NEL TRASFERIMENTO DI PARROCI

Can. 1748 - Se il bene delle anime oppure la necessità o l'utilità della Chiesa richiedono che un parroco sia trasferito dalla sua parrocchia, che egli regge utilmente, ad un'altra o ad un altro ufficio, il Vescovo gli proponga il trasferimento per iscritto lo convinca ad accettare per amore di Dio e delle anime.

Can. 1749 - Se il parroco non intende assecondare il consiglio e i pressanti inviti del Vescovo, ne esponga i motivi per iscritto.

Can. 1750 - Se il Vescovo nonostante le ragioni addotte, giudica di non dover recedere dal suo proposito, insieme a due parroci scelti a norma del can. 1742, § 1, valuti le ragioni favorevoli o contrarie al trasferimento; che se poi ritiene che il trasferimento si debba fare, rivolga nuovamente al parroco paterne esortazioni.

Can. 1751 - § 1. Fatto quanto detto sopra, se ancora il parroco rifiuta e il Vescovo reputa che il trasferimento deve essere fatto, emani il decreto di trasferimento, decidendo che, trascorso il tempo stabilito, la parrocchia sarà vacante.

§ 2. Trascorso inutilmente questo tempo, dichiari vacante la parrocchia.

Can. 1752 - Nelle cause di trasferimento si applichino le disposizioni del can. 1747, attenendosi a principi di equità canonica e avendo presente la salvezza delle anime, che deve sempre essere nella Chiesa la legge suprema.

 

 

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