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CODICE CIVILE

SEI QUI: Home - Canale Codici - Codice Diritto Canonico - 1400-1445

IL GIUDIZIO IN GENERALE

Can. 1400 - § 1. Oggetto del giudizio sono:

            1° i diritti di persone fisiche o giuridiche da perseguire o da rivendicare, o fatti giuridici da dichiarare;

            2° i delitti per quanto riguarda l'irrogazione e la dichiarazione della pena.

§ 2. Le controversie insorte per un atto di potestà amministrativa possono tuttavia essere differite solo al Superiore o al tribunale amministrativo.

Can. 1401 - La Chiesa per diritto proprio ed esclusivo giudica:

            1° le cause che riguardano cose spirituali e annesse alle spirituali;

            2° la violazione delle leggi ecclesiastiche e tutto ciò in cui vi è ragione di peccato, per quanto concerne lo stabilirne la colpa ed infliggere pene ecclesiastiche.

Can. 1402 - Tutti i tribunali della Chiesa sono retti dai canoni seguenti, salvo le norme dei tribunali della Sede Apostolica.

Can. 1403 - § 1. Le cause di canonizzazione dei Servi di Dio, sono regolate da una legge pontificia peculiare.

§ 2. Alle stesse cause si applicano inoltre le disposizioni di questo Codice, ogniqualvolta in quella legge si rinvia al diritto universale, o si tratta di norme che per la natura stessa della cosa le riguardano.

Titolo I

Il tribunale competente

Can. 1404 - La prima Sede non è giudicata da nessuno.

Can. 1405 - § 1. Il Romano Pontefice stesso ha il diritto esclusivo di giudicare nelle cause di cui al can. 1401:

            1° i capi di Stato;

            2° i Padri Cardinali;

            3° i Legati della sede Apostolica e nelle cause penali i Vescovi;

            4° le altre cause che egli stesso abbia avocato al proprio giudizio.

§ 2. Il giudice non è competente a giudicare atti o strumenti confermati in forma specifica dal Romano Pontefice, salvo non ne abbia avuto prima mandato dal medesimo.

§ 3. E' riservato al tribunale della Rota Romana giudicare:

            1° i Vescovi nelle cause contenziose, fermo restando il disposto del can. 1419, § 2.

            2° l'Abate primate o l'Abate superiore di una congregazione monastica, il Moderatore supremo di istituti religiosi di diritto pontificio;

            3° le diocesi e le altre persone ecclesiastiche sia fisiche sia giuridiche che non hanno Superiore al di sotto del Romano Pontefice.

Can. 1406 - § 1. Violato il disposto del can. 1404, atti e decisioni si ritengono come non fatti.

§ 2. Nelle cause di cui al can. 1405, l'incompetenza degli altri giudici è assoluta.

Can. 1407 - § 1. Nessuno può essere chiamato in giudizio in prima istanza se non davanti al giudice ecclesiastico competente per uno dei titoli determinati nei cann. 1408-1414.

§ 2. si dice relativa l'incompetenza del giudice che non abbia l'appoggio di nessuno di questi titoli.

§ 3. L'attore segue il tribunale della parte convenuta; che se la parte convenuta abbia diversi tribunali competenti, all'attore è concessa la scelta del tribunale.

Can. 1408 - Chiunque può essere chiamato in giudizio avanti al tribunale del domicilio o del quasi-domicilio.

Can. 1409 - § 1. Il tribunale del girovago è quello del luogo ove di fatto dimora.

§ 2. Colui del quale non si conosca né il domicilio o il quasi-domicilio, né il luogo della dimora, può essere chiamato in giudizio avanti al tribunale dell'attore, purché non risulti un altro tribunale legittimo.

Can. 1410 - A motivo della collocazione della cosa, la parte può essere chiamata in giudizio avanti al tribunale del luogo ove è situata la cosa che è oggetto di litigio, ogni qualvolta l'azione è diretta contro di essa o si tratta di azione di spoglio.

Can. 1411 - § 1. A motivo del contratto la parte può essere chiamata in giudizio avanti al tribunale del luogo ove il contratto fu stipulato o dove deve essere adempiuto, a meno che le parti concordemente non abbiano scelto un altro tribunale.

§ 2. Se la causa verta su obblighi che provengono da altro titolo, la parte può essere chiamata in giudizio avanti al tribunale del luogo ove l'obbligo è sorto o deve essere adempiuto.

Can. 1412 - L'accusato nelle cause penali, benché assente, può essere chiamato in giudizio avanti al tribunale del luogo ove il delitto fu commesso.

Can. 1413 - La parte può essere chiamata in giudizio:

            1° nelle cause vertenti sull'amministrazione dei beni, avanti al tribunale del luogo ove l'amministrazione viene fatta;

            2° nelle cause che riguardano l'eredità o i legati pii, avanti al tribunale dell'ultimo domicilio o quasi-domicilio o della dimora, a norma dei cann. 1408-1409, di colui della cui eredità o legato pio si discute, a meno che non si tratti della semplice esecuzione del legato, che deve essere esaminata secondo le norme ordinarie della competenza.

Can. 1414 - A motivo della connessione, le cause tra loro connesse devono essere giudicate da un solo ed identico tribunale e nello stesso processo, a meno che non vi si opponga il disposto della legge.

Can. 1415 - A motivo della prevenzione, quando due o più tribunali sono egualmente competenti, ha diritto di giudicare la causa quel tribunale che per primo citò legittimamente la parte convenuta.

Can. 1416 - I conflitti di competenza tra due tribunali soggetti allo stesso tribunale di appello, sono risolti da questo tribunale; se non sono soggetti allo stesso tribunale di appello, dalla Segnatura Apostolica.

Titolo II

Differenti gradi e specie di tribunali

Can. 1417 - § 1. In forza del primato del Romano Pontefice, qualunque fedele ha diritto di deferire al giudizio della Santa Sede la propria causa, sia contenziosa sia penale, in qualsiasi grado di giudizio e in qualunque stadio della lite, oppure d'introdurla avanti alla medesima.

§ 2. Il ricorso fatto alla Sede Apostolica non sospende tuttavia, salvo il caso di appello, l'esercizio della giurisdizione nel giudice che ha già cominciato a giudicare la causa; questi può pertanto proseguire il giudizio fino alla sentenza definitiva, a meno che la Sede Apostolica non gli abbia comunicato di avere avocato a sé la causa.

Can. 1418 - Qualsiasi tribunale ha diritto di chiamare in aiuto un altro tribunale per istruire la causa o per intimare gli atti.

Capitolo I

IL TRIBUNALE DI PRIMA ISTANZA

Art. 1

Il giudice

Can. 1419 - § 1. In ciascuna diocesi e per tutte le cause non escluse espressamente dal diritto, giudice di prima istanza è il Vescovo diocesano, che può esercitare la potestà giudiziaria personalmente o tramite altri, secondo i canoni che seguono.

§ 2. Se poi si tratta di diritti o di beni temporali di una persona giuridica rappresentata dal Vescovo, giudica in primo grado il tribunale di appello.

Can. 1420 - § 1. Tutti i Vescovi diocesani sono tenuti a costituire un Vicario giudiziale o Officiale con potestà ordinaria per giudicare, distinto dal Vicario generale a meno che l'esiguità della diocesi o lo scarso numero di cause non suggerisca altrimenti.

§ 2. Il Vicario giudiziale forma un unico tribunale con il Vescovo, ma non può giudicare le cause che il Vescovo riserva a sé.

§ 3. Al Vicario giudiziale possono essere dati degli aiutanti, detti Vicari giudiziali aggiunti o Vice-officiali.

§ 4. Sia il Vicario giudiziale sia i Vicari giudiziali aggiunti devono essere sacerdoti, di integra fama, dottori o almeno licenziati in diritto canonico e che non abbiano meno di trent'anni.

§ 5. Essi non cessano dall'incarico quando la sede si rende vacante, né possono essere rimossi dall'Amministratore diocesano; venendo però il nuovo Vescovo devono essere riconfermati.

Can. 1421 - § 1. Nella diocesi il Vescovo costituisca giudici diocesani che siano chierici.

§ 2. La Conferenza Episcopale può permettere che anche dei fedeli laici siano costituiti giudici; di essi, se la necessità lo suggerisce, uno può essere assunto a formare un collegio.

§ 3. I giudici siano di integra fama e dottori i diritto canonico o almeno licenziati.

Can. 1422 - Il Vicario giudiziale, i Vicari giudiziali aggiunti e gli altri giudici sono nominati a tempo determinato, fermo restando il disposto del can. 1420, § 5, e non possono essere rimossi se non per causa legittima e grave.

Can. 1423 - § 1. Più Vescovi diocesani possono concordemente, con l'approvazione della Sede Apostolica, costituire nelle loro diocesi un unico tribunale di prima istanza, in luogo dei tribunali diocesani di cui ai cann. 1419-1421; nel qual caso a quel gruppo di Vescovi o al Vescovo da essi designato competono tutti i poteri che ha il Vescovo diocesano per il proprio tribunale.

§ 2. I tribunali di cui al § 1, possono essere costituiti per tutte le cause oppure soltanto per determinati generi di cause.

Can. 1424 - Il giudice unico in qualunque giudizio può scegliersi come consulenti due assessori, chierici o laici di onesta condotta.

Can. 1425 - § 1. Riprovata la consuetudine contraria, al tribunale collegiale di tre giudici sono riservate:

            1° le cause contenziose: a) sul vincolo della sacra ordinazione e sugli oneri ad essa annessi; b) sul vincolo del matrimonio, fermo restando il disposto dei cann. 1686 e 1688.

            2° le cause penali: a) sui delitti che possono comportare la pena della dimissione dallo stato clericale; b) per infliggere o dichiarare la scomunica.

§ 2. Il Vescovo può affidare le cause più difficili o di maggiore importanza al giudizio di tre o cinque giudici.

§ 3. Il Vicario giudiziale chiami i giudici a giudicare le singole cause secondo un turno ordinatamente stabilito, a meno che il Vescovo in casi singoli non abbia stabilito diversamente.

§ 4. In primo grado di giudizio, se eventualmente non si possa costituire un collegio, la Conferenza Episcopale, fintantoché perduri tale impossibilità, può permettere che il Vescovo affidi la causa ad un unico giudice chierico, il quale si scelga, ove sia possibile, un assessore e un uditore.

§ 5. Il Vicario giudiziale non sostituisca i giudici una volta designati se non per gravissima causa, che deve essere espressa nel decreto.

Can. 1426 - § 1. Il tribunale collegiale deve procedere collegialmente, e dare sentenze a maggioranza assoluta di voti.

§ 2. Lo deve presiedere, nella misura del possibile il Vicario giudiziale o un Vicario giudiziale aggiunto.

Can. 1427 - § 1. Se insorga una controversia tra religiosi o case dello stesso istituto religioso clericale di diritto pontificio, giudice di prima istanza, a meno che non si disponga altrimenti nelle costituzioni, è il Superiore provinciale, oppure, se si tratti di un monastero sui iuris , l'Abate locale.

§ 2. Salvo che le costituzioni non dispongano diversamente, trattandosi di una questione contenziosa tra due province, in prima istanza giudicherà il Moderatore supremo personalmente o tramite un delegato; se tra due monasteri, l'Abate superiore della congregazione monastica.

§ 3. Se infine insorga una controversia tra persone religiose fisiche o giuridiche di istituti religiosi diversi o anche dello stesso istituto clericale di diritto diocesano o laicale, oppure tra una persona religiosa e un chierico secolare o un laico o una persona giuridica secolare, giudica in prima istanza il tribunale diocesano.

Art. 2

Uditori e relatori

Can. 1428 - § 1. Il giudice o il presidente del tribunale collegiale possono designare un uditore per svolgere l'istruttoria della causa, scegliendo tra i giudici del tribunale o tra le persone approvate dal Vescovo a tale incarico.

§ 2. Il Vescovo può approvare all'incarico di uditore chierici o laici, che rifulgano per buoni costumi, prudenza e dottrina.

§ 3. Spetta all'uditore, secondo il mandato del giudice, solo raccogliere le prove e una volta raccolte trasmetterle al giudice; può inoltre, a meno che non si opponga il mandato del giudice, decidere nel frattempo quali prove debbano essere raccolte e secondo quale metodo, se eventualmente sorga controversia in proposito durante l'esercizio delle sue funzioni.

Can. 1429 - Il presidente del tribunale collegiale deve designare tra i giudici del collegio un ponente o relatore che riferisca sulla causa nella riunione dei giudici e rediga per iscritto le sentenze; il presidente stesso lo può sostituire con un altro per giusta causa.

Art. 3

Promotore di giustizia, difensore del vincolo e notaio

Can. 1430 - Per le cause contenziose ove il bene pubblico può essere messo in pericolo, e per le cause penali si costituisca in diocesi il promotore di giustizia, che ha il dovere di tutelare il bene pubblico.

Can. 1431 - § 1. Nelle cause contenziose spetta al Vescovo diocesano giudicare se il bene pubblico possa essere messo in pericolo o no, a meno che l'intervento del promotore di giustizia non sia prescritto dalla legge o si renda evidentemente necessario per la natura della cosa.

§ 2. Se nella precedente istanza è intervenuto il promotore di giustizia, nel grado successivo il suo intervento si presume necessario.

Can. 1432 - Per le cause in cui si tratta della nullità della sacra ordinazione o della nullità o dello scioglimento del matrimonio sia costituito in diocesi il difensore del vincolo, che deve proporre ed esporre tutti gli argomenti che possono essere ragionevolmente addotti contro la nullità o lo scioglimento.

Can. 1433 - Nelle cause dove è richiesta la presenza del promotore di giustizia o del difensore del vincolo, se non furono citati, gli atti sono nulli, a meno che, benché non citati, essi siano di fatto intervenuti, o almeno prima della sentenza abbiano potuto svolgere il loro compito dopo aver esaminato gli atti.

Can. 1434 - Se non si disponga espressamente altro:

            1° ogniqualvolta la legge prescrive che il giudice ascolti le parti o una di esse, anche il promotore di giustizia e il difensore del vincolo, se intervengono in giudizio, devono essere ascoltati;

            2° ogniqualvolta si richiede l'istanza della parte perché il giudice possa definire qualcosa, l'istanza del promotore di giustizia o del difensore del vincolo, che intervengono in giudizio, ha lo stesso valore.

Can. 1435 - Spetta al Vescovo nominare il promotore di giustizia e il difensore del vincolo; essi siano chierici o laici, di integra fama, dottori o licenziati in diritto canonico e di provata prudenza e sollecitudine per la giustizia.

Can. 1436 - § 1. La stessa persona, ma non nella stessa causa, può avere l'incarico di promotore di giustizia e di difensore del vincolo.

§ 2. Promotore e difensore possono essere costituiti sia per tutte le cause sia per singole cause; possono poi essere rimossi dal Vescovo per un giusto motivo.

Can. 1437 - § 1. In qualunque processo intervenga il notaio, così che si ritengano nulli gli atti se non furono da lui sottoscritti.

§ 2. Gli atti che i notai redigono fanno fede pubblica.

Capitolo II

IL TRIBUNALE DI SECONDA ISTANZA

Can. 1438 - Fermo restando il disposto del can. 1444, § 1, n. 1:

            1° dal tribunale del Vescovo suffraganeo si appella al tribunale del Metropolita, salvo il disposto del can. 1439;

            2° nelle cause trattate in prima istanza avanti al Metropolita si appella al tribunale che egli stesso abbia, con l'approvazione della Sede Apostolica, stabilmente designato;

            3° per le cause fatte avanti al Superiore provinciale il tribunale di seconda istanza è presso il Moderatore supremo; per le cause fatte avanti all'Abate locale è presso l'Abate superiore della congregazione monastica.

Can. 1439 - § 1. Se fu costituito un tribunale unico di prima istanza per più diocesi, a norma del can. 1423, la Conferenza Episcopale deve costituire con l'approvazione della Sede Apostolica un tribunale di seconda istanza, a meno che tutte quelle diocesi non siano suffraganee della stessa archidiocesi.

§ 2. La Conferenza Episcopale può costituire, con la approvazione della Sede Apostolica, uno o più tribunali di seconda istanza, anche oltre ai casi di cui al § 1.

§ 3. Per quanto riguarda i tribunali di seconda istanza di cui al §§ 1 e 2, la Conferenza Episcopale o il Vescovo da essa designato hanno tutti i poteri che ha il Vescovo diocesano per il suo tribunale.

Can. 1440 - Se la competenza relativa al grado di giudizio non viene osservata a norma dei cann. 1438 e 1439, l'incompetenza del giudice è assoluta.

Can. 1441 - Il tribunale di seconda istanza deve essere costituito alla stessa maniera del tribunale di prima istanza. Se tuttavia nel primo grado di giudizio secondo il can. 1425, § 4, emanò la sentenza un giudice unico, il tribunale di seconda istanza proceda collegialmente.

Capitolo III

I TRIBUNALI DELLA SEDE APOSTOLICA

Can. 1442 Il Romano Pontefice è giudice supremo in tutto l'orbe cattolico, e giudica o personalmente o tramite i tribunali ordinari della Sede Apostolica oppure per mezzo di giudici da lui delegati.

Can. 1443 - Il tribunale ordinario costituito dal Romano Pontefice per ricevere gli appelli è la Rota Romana.

Can. 1444 - § 1. La Rota Romana giudica:

            1° in seconda istanza le cause giudicate dai tribunali ordinari di prima istanza e deferite alla Santa Sede per legittimo appello;

            2° in terza o ulteriore istanza le cause già giudicate dalla stessa Rota Romana e da qualunque altro tribunale, a meno che la cosa non sia passata in giudicato.

§ 2. Questo tribunale giudica anche in prima istanza le cause di cui al can. 1405, § 3, o le cause che il Romano Pontefice sia motu proprio sia ad istanza delle parti avocò al suo tribunale ed affidò alla Rota Romana; e queste, la Rota stessa le giudica anche in seconda ed ulteriore istanza, salvo che nel rescritto di commissione non si sia disposto altrimenti.

Can. 1445 - § 1. Il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica giudica:

            1° le querele di nullità, le richieste di restitutio in integrum ed altri ricorsi contro le sentenze rotali;

            2° i ricorsi nelle cause sullo stato delle persone, che la Rota Romana rifiutò di ammettere a nuovo esame;

            3° le eccezioni di sospetto ed altre cause contro gli Uditori della Rota Romana per atti posti durante l'esercizio delle loro funzioni;

            4° i conflitti di competenza di cui al can. 1416.

§ 2. Lo stesso Tribunale dirime le contese sorte per un atto di potestà amministrativa ecclesiastica, ad esso legittimamente deferite, le altre controversie amministrative ad esso deferite dal Romano Pontefice o dai dicasteri della Curia Romana e il conflitto di competenza tra gli stessi dicasteri.

§ 3. Spetta inoltre a questo supremo tribunale:

            1° vigilare sulla retta amministrazione della giustizia e prendere provvedimenti, se necessario, contro avvocati e procuratori;

            2° prorogare la competenza dei tribunali;

            3° promuovere ed approvare l'erezione dei tribunali di cui ai cann. 1423 e 1439.

 

 

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