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CODICE CIVILE

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LE PENE E LE ALTRE PUNIZIONI

Can. 1331 - § 1. Allo scomunicato è fatto divieto:

            1° di prendere parte in alcun modo come ministro alla celebrazione del Sacrificio dell'Eucarestia o di qualunque altra cerimonia di culto pubblico;

            2° di celebrare sacramenti o sacramentali e di ricevere i sacramenti;

            3° di esercitare funzioni in uffici o ministeri o incarichi ecclesiastici qualsiasi, o di porre atti di governo.

§ 2. Se la scomunica fu inflitta o dichiarata, il reo:

            1° se vuole agire contro il disposto del § 1, n. 1, deve essere allontanato o si deve interrompere l'azione liturgica, se non si opponga una causa grave;

            2° pone invalidamente gli atti di governo, che a norma del § 1, n. 3 sono illeciti;

            3° incorre nel divieto di far uso dei privilegi a lui concessi in precedenza;

            4° non può conseguire validamente dignità, uffici o altro incarico nella Chiesa;

            5° non si appropria dei frutti della dignità, dell'ufficio, di qualunque altro incarico, della pensione, che abbia effettivamente nella Chiesa.

Can. 1332 - Chi è interdetto è tenuto dai divieti di cui al can. 1331, § 1, nn. 1 e 2; se l'interdetto fu inflitto o dichiarato, si deve osservare il disposto del can. 1331, § 2, n. 1.

Can. 1333 - § 1. La sospensione, che può essere applicata soltanto ai chierici, vieta:

            1° tutti od alcuni atti della potestà di ordine;

            2° tutti od alcuni atti della potestà di governo;

            3° l'esercizio di tutti od alcuni diritti o funzioni inerenti l'ufficio.

§ 2. Nella legge o nel precetto si può stabilire che dopo la sentenza di condanna o che dichiara la pena, chi è sospeso non possa porre validamente atti di governo.

§ 3. Il divieto non tocca mai:

            1° gli uffici o la potestà di governo che non ricadano sotto la potestà del superiore che ha costituito la pena;

            2° il diritto di abitare se il reo lo abbia in ragione dell'ufficio;

            3° il diritto di amministrare i beni, che eventualmente appartengono all'ufficio di colui che è sospeso, se la pena sia latae sententiae.

§ 4. La sospensione che vieta di percepire i frutti, lo stipendio, le pensioni o altro, comporta l'obbligo della restituzione di quanto fu illegittimamente percepito, anche se in buona fede.

Can. 1334 - § 1. L'àmbito della sospensione, entro i limiti stabiliti nel canone precedente, è definito o dalla legge stessa o dal precetto, oppure dalla sentenza o dal decreto con cui è inflitta la pena.

§ 2. La legge, ma non il precetto, può costituire una sospensione latae sententiae , senza apporvi alcuna determinazione o limitazione; tale pena poi ha tutti gli effetti recensiti nel can. 1333, § 1.

Can. 1335 - Se la censura vieta la celebrazione dei sacramenti o dei sacramentali o di porre atti di governo, il divieto è sospeso ogniqualvolta ciò sia necessario per provvedere a fedeli che si trovano in pericolo di morte; che se la censura latae sententiae non sia dichiarata, il divieto è inoltre sospeso tutte le volte che un fedele chieda un sacramento, un sacramentale o un atto di governo; tale richiesta poi è lecita per una giusta causa qualsiasi.

Capitolo II

LE PENE ESPIATORIE

Can. 1336 - § 1. Le pene espiatorie, che possono essere applicate a un delinquente in perpetuo oppure per un tempo prestabilito o indeterminato, oltre alle altre che la legge può eventualmente aver stabilito, sono queste:

            1° la proibizione o l'ingiunzione di dimorare in un determinato luogo o territorio;

            2° la privazione della potestà, dell'ufficio, dell'incarico, di un diritto, di un privilegio, di una facoltà, di una grazia, di un titolo, di un'insegna, anche se semplicemente onorifica;

            3° la proibizione di esercitare quanto si dice al n. 2, o di farlo in un determinato luogo o fuori di esso; queste proibizioni non sono mai sotto pena di nullità;

            4° il trasferimento penale ad altro ufficio;

            5° la dimissione dallo stato clericale.

§ 2. Soltanto le pene espiatorie recensite al § 1, n. 3, possono essere pene latae sententiae.

Can. 1337 - § 1. La proibizione di dimorare in un determinato luogo o territorio può essere applicata sia ai chierici sia ai religiosi; l'ingiunzione di dimorarvi può essere applicata ai chierici secolari e, nei limiti delle costituzioni, ai religiosi.

§ 2. Per infliggere l'ingiunzione di dimorare in un determinato luogo o territorio, è necessario che vi sia il consenso dell'Ordinario di quel luogo, salvo non si tratti di una casa destinata alla penitenza ed alla correzione dei chierici anche extradiocesani.

Can. 1338 - § 1. Le privazioni e le proibizioni recensite nel can. 1336, § 1, nn. 2 e 3, non si applicano mai a potestà, uffici, incarichi, diritti, privilegi, facoltà, grazie, titoli, insegne che non siano sotto la potestà del superiore che costituisce la pena.

§ 2. Non si può privare alcuno della potestà di ordine, ma soltanto proibire di esercitarla o di esercitarne alcuni atti; parimenti non si può privare dei gradi accademici.

§ 3. Per le proibizioni indicate nel can. 1336, § 1, n. 3, si deve osservare la norma data per le censure al can. 1335.

Capitolo III

RIMEDI PENALI E PENITENZE

Can. 1339 - § 1. L'Ordinario può ammonire, personalmente o tramite un altro, colui che si trovi nell'occasione prossima di delinquere, o sul quale dall'indagine fatta cade il sospetto grave d'aver commesso il delitto.

§ 2. Può anche riprendere, in modo appropriato alle condizioni della persona e del fatto, chi con il proprio comportamento faccia sorgere scandalo o turbi gravemente l'ordine.

§ 3. Dell'ammonizione e della riprensione deve sempre constare almeno da un qualche documento, che si conservi nell'archivio segreto della curia.

Can. 1340 - § 1. La penitenza che può essere imposta in foro esterno, consiste in una qualche opera di religione, di pietà o di carità da farsi.

§ 2. Per una trasgressione occulta non s'imponga mai una penitenza pubblica.

§ 3. L'Ordinario può a sua prudente discrezione aggiungere penitenze al rimedio penale dell'ammonizione o della riprensione.

Titolo V

L'applicazione delle pene

Can. 1341 - L'Ordinario provveda ad avviare la procedura giudiziaria o amministrativa per infliggere o dichiarare le pene solo quando abbia constatato che né con l'ammonizione fraterna né con la riprensione né con altre vie dettate dalla sollecitudine pastorale è possibile ottenere sufficientemente la riparazione dello scandalo, il ristabilimento della giustizia, l'emendamento del reo.

Can. 1342 - § 1. Ogniqualvolta giuste cause si oppongono a che si celebri un processo giudiziario, la pena può essere inflitta o dichiarata con decreto extragiudiziale; rimedi penali e penitenze possono essere applicati per decreto in qualunque caso.

§ 2. Per decreto non si possono infliggere o dichiarare pene perpetue; né quelle pene che la legge o il precetto che le costituisce vieta di applicare per decreto.

§ 3. Quanto vien detto nella legge o nel precetto a riguardo del giudice per ciò che concerne la pena da infliggere o dichiarare in giudizio, si deve applicare al superiore, che infligga o dichiari la pena per decreto extragiudiziale, a meno che non consti altrimenti né si tratti di disposizioni attinenti soltanto la procedura.

Can. 1343 - Se la legge o il precetto dànno al giudice potestà di applicare o di non applicare la pena, questi, secondo coscienza e a sua prudente discrezione, può anche mitigare la pena o imporre in luogo di essa una penitenza.

Can. 1344 - Ancorché la legge usi termini precettivi, il giudice, secondo coscienza e a sua prudente discrezione, può:

            1° differire l'inflizione della pena a tempo più opportuno, se da una punizione troppo affrettata si prevede che insorgeranno mali maggiori;

            2° astenersi dall'infliggere la pena, o infliggere una pena più mite o fare uso di una penitenza, se il reo si sia emendato ed abbia riparato lo scandalo, oppure se lo stesso sia stato sufficientemente punito dall'autorità civile o si preveda che sarà punito;

            3° sospendere l'obbligo di osservare una pena espiatoria al reo che abbia commesso delitto per la prima volta dopo aver vissuto onorevolmente e qualora non urga la necessità di riparare lo scandalo, a condizione tuttavia che se il reo entro il tempo determinato dal giudice stesso commetta nuovamente un delitto, sconti la pena dovuta per entrambi i delitti, salvo che frattanto non sia decorso il tempo per la prescrizione dell'azione penale relativa al primo delitto.

Can. 1345 - Ogniqualvolta il delinquente o aveva l'uso di ragione in maniera soltanto imperfetta o commise il delitto per timore o per necessità o per impeto passionale o in stato di ubriachezza o di altra simile perturbazione della mente, il giudice può anche astenersi dall'infliggere qualunque punizione, se ritiene si possa meglio provvedere in altro modo al suo emendamento.

Can. 1346 - Ogniqualvolta il reo abbia commesso più delitti, se sembri eccessivo il cumolo delle pene ferendae sententiae , è lasciato al prudente arbitrio del giudice di contenere le pene entro equi limiti.

Can. 1347 - § 1. Non si può infliggere validamente una censura, se il reo non fu prima ammonito almeno una volta di recedere dalla contumacia, assegnandogli un congruo spazio di tempo per ravvedersi.

§ 2. Si deve ritenere che abbia receduto dalla contumacia il reo che si sia veramente pentito del delitto e che abbia inoltre dato congrua riparazione ai danni e allo scandalo o almeno abbia seriamente promesso di farlo.

Can. 1348 - Quando il reo viene assolto dall'accusa o non gli viene inflitta alcuna pena, l'Ordinario può provvedere al suo bene e al bene pubblico con opportune ammonizioni o per altre vie dettate dalla sollecitudine pastorale, o anche, se del caso, con rimedi penali.

Can. 1349 - Se la pena è indeterminata e la legge non dispone altrimenti, il giudice non infligga pene troppo gravi, soprattutto censure, a meno che non lo richieda assolutamente la gravità del caso; non può tuttavia infliggere pene perpetue.

Can. 1350 - § 1. Nell'infliggere pene ad un chierico si deve sempre provvedere che non gli manchi il necessario per un onorevole sostentamento, a meno che non si tratti della dimissione dallo stato clericale.

§ 2. L'Ordinario abbia cura di provvedere nel miglior modo possibile a chi è stato dimesso dallo stato clericale e che a causa della pena sia veramente bisognoso.

Can. 1351 - La pena vincola il reo ovunque, anche venuto meno il diritto di colui che l'ha costituita o l'ha inflitta, a meno che non si disponga espressamente altro.

Can. 1352 - § 1. Se la pena vieta di ricevere i sacramenti o i sacramentali, il divieto è sospeso finché il reo versa in pericolo di morte.

§ 2. L'obbligo di osservare una pena latae sententiae che non sia stata dichiarata né sia notoria nel luogo ove il delinquente, è sospeso in tutto o in parte nella misura in cui il reo non la possa osservare senza pericolo di grave scandalo o d'infamia.

Can. 1353 - L'appello o il ricorso contro le sentenze giudiziali o i decreti che infliggono o dichiarano una pena qualsiasi hanno effetto sospensivo.

Titolo VI

La cessazione delle pene

Can. 1354 - § 1. Oltre a quelli che sono enumerati nei cann. 1355-1356, tutti coloro che possono dispensare da una legge munita di una pena, o liberare da un precetto che commina una pena, possono anche rimettere quella pena.

§ 2. La legge o il precetto che costituiscono una pena possono inoltre dare anche ad altri potestà di rimettere la pena.

§ 3. Se la Santa Apostolica ha riservato a sé o ad altri la remissione della pena, la riserva deve essere interpretata in senso stretto.

Can. 1355 - § 1. Possono rimettere la pena stabilita dalla legge, che sia stata inflitta o dichiarata, purché non sia riservata alla Sede Apostolica:

            1° l'Ordinario che ha promosso il giudizio per infliggere o dichiarare la pena, o l'ha inflitta per decreto personalmente o tramite altri;

            2° l'Ordinario del luogo in cui si trova il delinquente, dopo aver però consultato l'Ordinario di cui al n. 1, a meno che per circostanze straordinarie ciò sia impossibile.

§ 2. La pena latae sententiae non ancora dichiarata stabilita dalla legge, se non è riservata alla Sede Apostolica, può essere rimessa dall'Ordinario ai propri sudditi e a coloro che si trovano nel suo territorio o vi hanno commesso il delitto, e anche da qualunque Vescovo tuttavia nell'atto della confessione sacramentale.

Can. 1356 - § 1. Possono rimettere la pena ferendae sententiae o latae sententiae stabilita da un precetto che non sia stato dato dalla Sede Apostolica:

            1° l'Ordinario del luogo in cui si trova il delinquente;

            2° se la pena sia stata inflitta o dichiarata, anche l'Ordinario che ha promosso il giudizio per infliggere o dichiarare la pena o che l'ha inflitta o dichiarata per decreto personalmente o tramite altri.

§ 2. Prima che avvenga la remissione, deve essere consultato l'autore del precetto, a meno che per circostanze straordinarie ciò non sia possibile.

Can. 1357 - § 1. Ferme restando le disposizioni dei cann. 508 e 976, il confessore può rimettere in foro interno sacramentale la censura latae sententiae di scomunica o d'interdetto, non dichiarata, se al penitente sia gravoso rimanere in stato di peccato grave per il tempo necessario a che il Superiore competente provveda.

§ 2 Il confessore nel concedere la remissione imponga al penitente l'onere di ricorrere entro un mese sotto pena di ricadere nella censura al Superiore competente o a un sacerdote provvisto della facoltà, e di attenersi alle sue decisioni; intanto imponga una congrua penitenza e la riparazione, nella misura in cui ci sia urgenza, dello scandalo e del danno. Il ricorso poi può essere fatto anche tramite il confessore, senza fare menzione del nominativo del penitente.

§ 3. Allo stesso onere di ricorrere sono tenuti, dopo essersi ristabiliti in salute, coloro che a norma del can. 976 furono assolti da una censura inflitta o dichiarata oppure riservata alla Sede Apostolica.

Can. 1358 - § 1. Non si può rimettere la censura se non al delinquente che abbia receduto dalla contumacia, a norma del can. 1347, § 2; chi abbia receduto poi non si può negare la remissione.

§ 2. Chi rimette la censura può provvedere a norma del can. 1348 o anche imporre una penitenza.

Can. 1359 - Se qualcuno è vincolato da numerose pene, la remissione vale soltanto per le pene in essa espresse; la remissione generale poi toglie tutte le pene, ad eccezione di quelle che il reo nella domanda abbia taciuto in mala fede.

Can. 1360 - La remissione della pena estorta per mezzo di timore grave è invalida.

Can. 1361 - § 1. La remissione può anche essere data ad una persona assente, oppure sotto condizione.

§ 2. La remissione in foro esterno sia data per iscritto, a meno che una grave causa suggerisca altrimenti.

§ 3. Si provveda che la domanda di remissione o la remissione stessa non sia divulgata, se non nella misura in cui ciò sia utile a tutelare la fama dell'imputato o sia necessario per riparare lo scandalo.

Can. 1362 - § 1. L'azione penale si estingue per prescrizione in tre anni, a meno che non si tratti:

            1° di delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede;

            2° dell'azione per i delitti di cui ai cann. 1394, 1395, 1397, 1398, che si prescrive in cinque anni;

            3° di delitti non puniti dal diritto universale, se fu commesso il delitto, oppure, se il delitto è permanente o abituale, dal giorno in cui è cessato.

Can. 1363 - § 1. Se nei limiti di tempo di cui al can. 1362, da computarsi a partire dal giorno in cui la sentenza di condanna è passata in giudicato, all'imputato non sia stato notificato il decreto esecutivo del giudice di cui al can. 1651, l'azione intesa a far eseguire la pena si estingue per prescrizione.

§ 2. Il che vale, osservate le disposizioni del diritto, se la pena è stata inflitta per decreto extragiudiziale.

 

 

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