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CODICE CIVILE

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I FEDELI

Can. 204 - § 1. I fedeli sono coloro che, essendo stati incorporati a Cristo mediante il battesimo, sono costituiti popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo loro proprio dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, sono chiamati ad attuare, secondo la condizione giuridica propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo.

§ 2. Questa Chiesa, costituita e ordinata nel mondo come società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui.

Can. 205 - Su questa terra sono nella piena comunione della Chiesa cattolica quei battezzati che sono congiunti con Cristo nella sua compagine visibile, ossia mediante i vincoli della professione di fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico.

Can. 206 - § 1. Per titolo particolare sono legati alla Chiesa i catecumeni, coloro cioè che, mossi dallo Spirito Santo, chiedono con intenzione esplicita di essere incorporati ad essa e di conseguenza, per questo desiderio, come pure per la vita di fede, di speranza e di carità che essi conducono, sono congiunti alla chiesa, che già ne cura come suoi.

§ 2. La Chiesa dedica una cura particolare ai catecumeni, e mentre li invita a condurre una vita evangelica e li introduce alla celebrazione dei riti sacri, già ad essi elargisce diverse prerogative che sono proprie dei cristiani.

Can. 207 - § 1. Per istituzione divina vi sono nella Chiesa i ministri sacri, che nel diritto sono chiamati anche chierici; gli altri fedeli poi sono chiamati anche laici.

§ 2. Dagli uni e dagli altri provengono fedeli i quali, con la professione dei consigli evangelici mediante voti o altri vincoli sacri, riconosciuti e sanciti dalla Chiesa, sono consacrati in modo speciale a Dio e dànno incremento alla missione salvifica della Chiesa; il loro stato, quantunque non riguardi la struttura gerarchica della Chiesa, appartiene tuttavia alla sua vita e alla sua santità.

Titolo I

Obblighi e diritti di tutti i fedeli

Can. 208 - Fra tutti i fedeli, in forza della loro rigenerazione in Cristo, sussiste una vera uguaglianza nella dignità e nell'agire, e per tale uguaglianza tutti cooperano all'edificazione del Corpo di Cristo, secondo la condizione e i compiti propri di ciascuno.

Can. 209 - § 1. I fedeli sono tenuti all'obbligo di conservare sempre, anche nel loro modo di agire, la comunione con la Chiesa.

§ 2. Adempiano con grande diligenza i doveri cui sono tenuti sia nei confronti della Chiesa universale, sia nei confronti della Chiesa particolare alla quale appartengono, secondo le disposizioni del diritto.

Can. 210 - Tutti i fedeli, secondo la propria condizione, devono dedicare le proprie energie al fine di condurre una vita santa e di promuovere la crescita della Chiesa e la sua continua santificazione.

Can. 211 - Tutti i fedeli hanno il dovere e il diritto di impegnarsi perché l'annuncio divino della salvezza si diffonda sempre più fra gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo.

Can. 212 - § 1. I fedeli, consapevoli della propria responsabilità, sono tenuti ad osservare con cristiana obbedienza ciò che i sacri Pastori, in quanto rappresentano Cristo, dichiarano come maestri della fede o dispongono come capi della Chiesa.

§ 2. I fedeli hanno il diritto di manifestare ai Pastori della Chiesa le proprie necessità, soprattutto spirituali, e i propri desideri.

§ 3. In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l'integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l'utilità comune e la dignità della persona.

Can. 213 - I fedeli hanno il diritto di ricevere dai sacri Pastori gli aiuti derivanti dai beni spirituali della Chiesa, soprattutto dalla parola di Dio e dai sacramenti.

Can. 214 - I fedeli hanno il diritto di rendere culto a Dio secondo le disposizioni del proprio rito approvato dai legittimi Pastori della Chiesa e di seguire un proprio metodo di vita spirituale, che sia però conforme alla dottrina della Chiesa.

Can. 215 - I fedeli hanno il diritto di fondare e di dirigere liberamente associazioni che si propongono un fine di carità o di pietà, oppure associazioni che si propongono l'incremento della vocazione cristiana nel mondo; hanno anche il diritto di tenere riunioni per il raggiungimento comune di tali finalità.

Can. 216 - Tutti i fedeli, in quanto partecipano alla missione della Chiesa, hanno il diritto, secondo lo stato e la condizione di ciascuno, di promuovere o di sostenere l'attività apostolica anche con proprie iniziative; tuttavia nessuna iniziativa rivendichi per se stessa il nome di cattolica, senza il consenso dell'autorità ecclesiastica competente.

Can. 217 - I fedeli, in quanto sono chiamati mediante il battesimo a condurre una vita conforme alla dottrina evangelica, hanno diritto all'educazione cristiana, con cui possano essere formati a conseguire la maturità della persona umana e contemporaneamente a conoscere e a vivere il mistero della salvezza.

Can. 218 - Coloro che si dedicano alle scienze sacre godono della giusta libertà di investigare e di manifestare con prudenza il loro pensiero su ciò di cui sono esperti, conservando il dovuto ossequio nei confronti del magistero della Chiesa.

Can. 219 - Tutti i fedeli hanno il diritto di essere immuni da qualsiasi costrizione nella scelta dello stato di vita.

Can. 220 - Non è lecito ad alcuno ledere illegittimamente la buona fama di cui uno gode, o violare il diritto di ogni persona a difendere la propria intimità.

Can. 221 - § 1. Compete ai fedeli rivendicare e difendere legittimamente i diritti di cui godono nella Chiesa presso il foro ecclesiastico competente a norma di diritto.

§ 2. I fedeli hanno anche il diritto, se sono chiamati in giudizio dall'autorità competente, di essere giudicati secondo le disposizioni di legge, da applicare con equità.

§ 3. I fedeli hanno il diritto di non essere colpiti da pene canoniche, se non a norma di legge.

Can. 222- § 1. I fedeli sono tenuti all'obbligo di sovvenire alle necessità della Chiesa, affinché essa possa disporre di quanto è necessario per il culto divino, per le opere di apostolato e di carità e per l'onesto sostentamento dei ministri.

§ 2. Sono anche tenuti all'obbligo di promuovere le giustizia sociale, come pure, memori del comandamento del Signore, di soccorrere i poveri coi propri redditi.

Can. 223 - § 1. Nell'esercizio dei propri diritti i fedeli, sia come singoli sia riuniti in associazioni, devono tener conto del bene comune della Chiesa, dei diritti altrui e dei propri doveri nei confronti degli altri.

§ 2. Spetta all'autorità ecclesiastica, in vista del bene comune, regolare l'esercizio dei diritti che sono propri dei fedeli.

Titolo II

Obblighi e diritti dei fedeli laici

Can. 224 - I fedeli laici, oltre agli obblighi e ai diritti che sono comuni a tutti i fedeli e oltre a quelli che sono stabiliti negli altri canoni, sono tenuti agli obblighi e godono dei diritti elencati nei canoni del presente titolo.

Can. 225 - § 1. I laici, dal momento che, come tutti i fedeli, sono deputati da Dio all'apostolato mediante il battesimo e la confermazione, sono tenuti all'obbligo generale e hanno il diritto di impegnarsi, sia come singoli sia riuniti in associazioni, perché l'annuncio della salvezza venga conosciuto e accolto da ogni uomo in ogni luogo; tale obbligo li vincola ancora maggiormente in quelle situazioni in cui gli uomini non possono ascoltare il Vangelo e conoscere Cristo se non per mezzo loro.

§ 2. Sono tenuti anche al dovere specifico, ciascuno secondo la propria condizione, di animare e perfezionare l'ordine delle realtà temporali con lo spirito evangelico e in tal modo di rendere testimonianza a Cristo, particolarmente nel trattare tali realtà e nell'esercizio dei compiti secolari.

Can. 226 - § 1. I laici che vivono nello stato coniugale, secondo la propria vocazione, sono tenuti al dovere specifico di impegnarsi, mediante il matrimonio e la famiglia, nell'edificazione del popolo di Dio.

§ 2. I genitori, poiché hanno dato ai figli la vita, hanno l'obbligo gravissimo e il diritto di educarli; perciò spetta primariamente ai genitori cristiani curare l'educazione cristiana dei figli secondo la dottrina insegnata dalla Chiesa.

Can. 227 - E' diritto dei fedeli laici che venga loro riconosciuta nella realtà della città terrena quella libertà che compete ad ogni cittadino; usufruendo tuttavia di tale libertà, facciano in modo che le loro azioni siano animate dallo spirito evangelico e prestino attenzione alla dottrina proposta dal magistero della Chiesa, evitando però di presentare nelle questioni opinabili la propria opinione come dottrina della Chiesa.

Can. 228 - § 1. I laici che risultano idonei, sono giuridicamente abili ad essere assunti dai sacri Pastori in quegli uffici ecclesiastici e in quegli incarichi che sono in grado di esercitare secondo le disposizioni del diritto.

§ 2. I laici che si distinguono per scienza adeguata, per prudenza e per onestà, sono idonei a prestare aiuto ai Pastori della Chiesa come esperti o consiglieri, anche nei consigli a norma del diritto.

Can. 229 - § 1. I laici, per essere in grado di vivere la dottrina cristiana, per poterla annunciare essi stessi e, se necessario, difenderla, e per potere inoltre partecipare all'esercizio dell'apostolato, sono tenuti all'obbligo e hanno il diritto di acquisire la conoscenza di tale dottrina, in modo adeguato alla capacità e alla condizione di ciascuno.

§ 2. Hanno anche il diritto di acquistare quella conoscenza più piena delle scienze sacre che viene data nelle università e facoltà ecclesiastiche o negli istituti di scienze religiose, frequentandovi le lezioni e conseguendovi i gradi accademici.

§ 3. Così pure, osservate le disposizioni stabilite in ordine alla idoneità richiesta, hanno la capacità di ricevere dalla legittima autorità ecclesiastica il mandato di insegnare le scienze sacre.

Can. 230 - § 1. I laici di sesso maschile, che abbiano l'età e le doti determinate con decreto dalla Conferenza Episcopale, possono essere assunti stabilmente, mediante il rito liturgico stabilito, ai ministeri di lettori e di accoliti; tuttavia tale conferimento non attribuisce loro il diritto al sostentamento o alla rimunerazione da parte della Chiesa.

§ 2. I laici possono assolvere per incarico temporaneo la funzione di lettore nelle azioni liturgiche; così pure tutti i laici godono della facoltà di esercitare le funzioni di commentatore, cantore o altre ancora a norma del diritto.

§ 3. Ove le necessità della Chiesa lo suggeriscano, in mancanza di ministri, anche i laici, pur senza essere lettori o accoliti, possono supplire alcuni dei loro uffici, cioè esercitare il ministero della parola, presiedere alle preghiere liturgiche, amministrare il battesimo e distribuire la sacra Comunione, secondo le disposizioni del diritto.

Can. 231 - § 1. I laici, designati in modo permanente o temporaneo ad un particolare servizio della Chiesa, sono tenuti all'obbligo di acquisire la adeguata formazione, richiesta per adempiere nel modo dovuto il proprio incarico e per esercitarlo consapevolmente, assiduamente e diligentemente.

§ 2. Fermo restando il disposto del can. 230, § 1, essi hanno diritto ad una onesta remunerazione adeguata alla loro condizione, per poter provvedere decorosamente, anche nel rispetto delle disposizioni del diritto civile, alle proprie necessità e a quelle della famiglia; hanno inoltre diritto che si garantiscano la previdenza sociale, le assicurazioni sociali e l'assistenza sanitaria.

Titolo III

I ministri sacri o chierici

Capitolo I

LA FORMAZIONE DEI CHIERICI

Can. 232 - La Chiesa ha il dovere e il diritto proprio ed esclusivo di formare coloro che sono destinati ai ministeri sacri.

Can. 233 - § 1. E' dovere di tutta la comunità cristiana promuovere le vocazioni affinché si possa convenientemente provvedere alla necessità del sacro ministero in tutta la Chiesa; hanno questo dovere specialmente le famiglie cristiane, gli educatori, e in modo particolare i sacerdoti, soprattutto i parroci. I Vescovi diocesani, ai quali spetta in sommo grado curare la promozione delle vocazioni, rendano consapevole il popolo loro affidato sull'importanza del ministero sacro e sulla necessità di ministri nella Chiesa, suscitino e sostengano le iniziative atte a favorire le vocazioni, soprattutto mediante le opere istituite a tale scopo.

§ 2. I sacerdoti e soprattutto i Vescovi diocesani si impegnino perché coloro che in età più matura si ritengono chiamati ai ministeri sacri siano prudentemente aiutati con la parola e con l'opera e preparati nel debito modo.

Can. 234 - § 1. Si mantengano, dove esistono, e si favoriscano i seminari minori o altri istituti simili; in essi, allo scopo di incrementare le vocazioni, si provveda a dare una particolare formazione religiosa insieme con una preparazione umanistica e scientifica; anzi, se lo ritiene opportuno, il Vescovo diocesano provveda all'erezione del seminario minore o di un istituto analogo.

§ 2. A meno che in casi determinati le circostanze non suggeriscano diversamente, i giovani che intendono essere ammessi al sacerdozio siano forniti della stessa formazione umanistica e scientifica con la quale i giovani di quella regione vengono preparati a compiere gli studi superiori.

Can. 235 - § 1. I giovani che intendono accedere al sacerdozio siano formati ad una vita spirituale ad esso confacente e ai relativi doveri presso il seminario maggiore durante tutto il tempo della formazione, oppure, se a giudizio del Vescovo diocesano le circostanze lo richiedono, almeno per quattro anni.

§ 2. Coloro che legittimamente dimorano fuori del seminario, siano affidati dal Vescovo diocesano ad un sacerdote pio e idoneo, affinché abbia cura che siano diligentemente formati alla vita spirituale e alla disciplina.

Can. 236 - I candidati al diaconato permanente, secondo le disposizioni della Conferenza Episcopale, siano formati a condurre una vita evangelica e siano preparati a compiere nel debito modo i doveri propri dell'ordine:

1° se sono giovani, dimorando almeno per tre anni in una casa specifica, a meno che per gravi ragioni il Vescovo diocesano non abbia disposto diversamente;

2° se sono uomini di età più matura, sia celibi sia coniugati, mediante un progetto formativo della durata di tre anni, determinato dalla Conferenza Episcopale.

Can. 237 - § 1. Dove risulta possibile e opportuno, vi sia nelle singole diocesi il seminario maggiore; altrimenti gli alunni che si preparano ai ministeri sacri vengano affidati ad un altro seminario oppure venga eretto un seminario interdiocesano.

§ 2. Non si eriga un seminario interdiocesano se prima non è stata ottenuta l'approvazione della Sede Apostolica, sia in ordine alla erezione del seminario, sia in ordine ai suoi statuti: da parte della Conferenza Episcopale, se si tratta di un seminario per tutto il territorio corrispondente, altrimenti da parte dei Vescovi interessati.

Can. 238 - § 1. I seminari eretti legittimamente godono per il diritto stesso di personalità giuridica nella Chiesa.

§ 2. Nel trattare tutti gli affari il rettore rappresenta il seminario, a meno che, per determinate questioni, l'autorità competente non abbia stabilito in modo diverso.

Can. 239 - § 1. In ogni seminario vi sia il rettore che lo dirige e, se del caso, un vice-rettore, l'economo e inoltre, se gli alunni compiono gli studi nel seminario stesso, anche i docenti i quali insegnino le varie discipline curandone la reciproca coordinazione.

§ 2. In ogni seminario vi sia almeno un direttore spirituale, lasciando gli alunni la libertà di rivolgersi ad altri sacerdoti ai quali il Vescovo abbia affidato tale incarico.

§ 3. Negli statuti del seminario siano stabilite le modalità secondo cui gli altri moderatori, gli insegnati e anche gli stessi alunni possano condividere la responsabilità del rettore, soprattutto per quanto riguarda la disciplina.

Can. 240 - § 1. Oltre ai confessori ordinari, si facciano venire regolarmente nel seminario altri confessori e, salva la disciplina del seminario, gli alunni abbiano sempre ampia possibilità di rivolgersi a qualsiasi confessore sia all'interno sia all'esterno del seminario.

§ 2. Nel prendere decisioni riguardanti l'ammissione degli alunni agli ordini o la loro dimissione dal seminario, non può mai essere richiesto il parere del direttore spirituale e dei confessori.

Can. 241 - § 1. Il Vescovo diocesano ammetta al seminario maggiore soltanto coloro che, sulla base delle loro doti umane e morali, spirituali e intellettuali, della loro salute fisica e psichica e della loro retta intenzione, sono ritenuti idonei a consacrarsi per sempre ai ministeri sacri.

§ 2. Prima di essere accolti, devono presentare i certificati di battesimo e di confermazione e gli altri documenti richiesti secondo le disposizioni della Ratio di formazione sacerdotale.

§ 3. Quando si tratta di ammettere alunni dimessi da un altro seminario o da un istituto religioso, si richiede inoltre la dichiarazione del rispettivo superiore, soprattutto circa la causa della dimissione o dell'uscita.

Can. 242 - § 1. In ogni nazione vi sia una Ratio di formazione sacerdotale, emanata dalla Conferenza Episcopale sulla base delle norme fissate dalla suprema autorità della Chiesa e approvata dalla Santa Sede, adattabile alle nuove situazioni con una nuova approvazione della Santa Sede; in essa vengono definiti i principi essenziali e le norme generali della formazione seminaristica, adattate alle necessità pastorali di ogni regione o provincia.

§ 2. Le norme della Ratio di cui al § 1 siano osservate in tutti i seminari, sia diocesani sia interdiocesani.

Can. 243 - Ogni seminario abbia inoltre il proprio regolamento approvato dal Vescovo diocesano o, se si tratta di un seminario interdiocesano, dai Vescovi interessati; in esso si adattino le norme della Ratio di formazione sacerdotale alle situazioni particolari e si determinino in modo più preciso soprattutto le questioni disciplinari che riguardano la vita quotidiana degli alunni e il buon ordine di tutto il seminario.

Can. 244 - La formazione spirituale e l'insegnamento dottrinale degli alunni del seminario vengano coordinati armonicamente e siano finalizzati a far loro acquisire lo spirito del Vangelo e un rapporto profondo con Cristo, unito ad una adeguata maturità umana, secondo l'indole di ciascuno.

Can. 245 § 1. Mediante la formazione spirituale gli alunni siano resi idonei all'esercizio fecondo del ministero pastorale e siano permeati di spirito missionario, consapevoli che l'adempimento fedele del ministero in atteggiamento costante di fede viva e di carità contribuisce alla propria santificazione; imparino insieme a coltivare quelle virtù che sono ritenute di grande importanza nella convivenza umana, cosicché siano in grado di giungere ad una adeguata armonia tra i valori umani e i valori soprannaturali.

§ 2. Gli alunni siano formati in modo tale che, pieni di amore per la Chiesa di Cristo, abbiano un profondo legame di carità, umile e filiale, con il Romano Pontefice successore di Pietro, siano uniti al proprio Vescovo come fedeli cooperatori e collaborino con i fratelli; mediante la vita comune nel seminario e mediante la pratica di un rapporto di amicizia e di familiarità con gli altri, si dispongano alla fraterna comunione col presbiterio diocesano di cui faranno parte al servizio della Chiesa.

Can. 246 - § 1. La celebrazione eucaristica sia il centro di tutta la vita del seminario, in modo che ogni giorno gli alunni, partecipando alla stessa carità di Cristo, attingano soprattutto a questa fonte ricchissima forza d'animo per il lavoro apostolico e per la propria vita spirituale.

§ 2. Siano formati alla celebrazione della liturgia delle ore, mediante la quale i ministri di Dio lo invocano a nome della Chiesa per tutto il popolo loro affidato, anzi per tutto il mondo.

§ 3. Siano incrementati il culto della Beata Vergine Maria, anche con il rosario mariano, l'orazione mentale e gli altri esercizi di pietà con cui gli alunni acquisiscono lo spirito di preghiera e consolidano la vocazione.

§ 4. Gli alunni si abituino ad accostarsi con frequenza al sacramento della penitenza; si raccomanda inoltre che ognuno abbia il proprio direttore spirituale, scelto liberamente, a cui possa aprire con fiducia la propria coscienza.

§ 5. Gli alunni facciano ogni anno gli esercizi spirituali.

Can. 247 - § 1. Siano preparati mediante un'adeguata educazione a vivere lo stato del celibato e imparino ad apprezzarlo come dono peculiare di Dio.

§ 2. Gli alunni siano resi debitamente consapevoli dei doveri e degli oneri che sono propri dei ministri della Chiesa, senza alcuna reticenza sulle difficoltà della vita sacerdotale

Can. 248 - L'insegnamento dottrinale impartito agli alunni è finalizzato ad acquisire una dottrina ampia e solida nelle scienze sacre, parallelamente ad una cultura generale rispondente alle necessità di luogo e di tempo, in modo che, mediante la propria fede in essa fondata e da essa nutrita, siano in grado di annunciare convenientemente il messaggio del Vangelo agli uomini del proprio tempo, in modo adeguato alla loro capacità.

Can. 249 - Nella Ratio di formazione sacerdotale si stabilisca che gli alunni conoscano accuratamente non solo la lingua del proprio paese, ma abbiano anche una buona conoscenza della lingua latina e inoltre un'adeguata conoscenza delle lingue straniere, nella misura in cui essa risulti necessaria o utile alla loro formazione o all'esercizio del ministero pastorale.

Can. 250 - Gli studi filosofici e teologici che sono programmati nel seminario possono essere compiuti o in modo successivo o in modo congiunto, secondo la Ratio di formazione sacerdotale; essi devono comprendere almeno un sessennio completo, in modo tale che il periodo riservato alle discipline filosofiche corrisponda ad un intero biennio, il periodo riservato agli studi teologici ad un intero quadriennio.

Can. 251 - La formazione filosofica, radicata nel patrimonio filosofico perennemente valido, ma attenta anche al continuo progresso della ricerca, venga impartita in modo da arricchire la formazione umana degli alunni, da esaltare l'acutezza del pensiero e da renderli più idonei gli studi teologici.

Can. 252 - § 1. La formazione teologica, illuminata dalla fede e guidata dal Magistero, venga impartita in modo che gli alunni conoscano integralmente la dottrina cattolica, fondata sulla Rivelazione divina, ne alimentino la loro vita spirituale e siano in grado di annunciarla e difenderla in modo appropriato nell'esercizio del ministero.

§ 2. Gli alunni vengano istruiti con particolare diligenza nella sacra Scrittura, in modo da acquisirne una visione globale.

§ 3. Vi siano lezioni di teologia dogmatica, radicata sempre nella parola di Dio scritta e nella sacra Tradizione, mediante le quali gli alunni imparino a penetrare più intimamente i misteri della salvezza, seguendo soprattutto la dottrina di s. Tommaso; inoltre lezioni di teologia morale e pastorale, di diritto canonico, di liturgia, di storia ecclesiastica e di altre discipline, ausiliarie e speciali, secondo le disposizioni della Ratio di formazione sacerdotale.

Can. 253 - § 1. All'incarico di insegnante nelle discipline filosofiche, teologiche e giuridiche siano nominati dal Vescovo o dai Vescovi interessati soltanto coloro che, distinti per virtù, abbiano conseguito il dottorato o la licenza in una università o facoltà riconosciuta dalla Santa Sede.

§ 2. Si abbia cura che vengano nominati insegnanti singoli e distinti per l'insegnamento di sacra Scrittura, teologia dogmatica, teologia morale, liturgia, filosofia, diritto canonico, storia ecclesiastica e delle altre discipline, che devono essere insegnate secondo un proprio metodo.

§ 3. L'insegnante che in modo grave venga meno al suo incarico sia rimosso dall'autorità di cui al § 1.

Can. 254 - § 1. Nell'insegnamento delle diverse discipline gli insegnanti pongano costantemente in evidenza l'intima unità e armonia di tutta la dottrina della fede, affinché gli alunni possano sperimentare l'apprendimento di un'unica scienza; per conseguire più agevolmente questo scopo, vi sia nel seminario chi coordina tutto il piano degli studi.

§ 2. Gli alunni vengano educati alla capacità di esaminare con metodo scientifico le varie questioni mediante adeguate ricerche personali; ci siano perciò esercitazioni con le quali, sotto la guida degli insegnanti, gli alunni imparino a compiere qualche ricerca col proprio lavoro.

Can. 255 - Quantunque tutta la formazione degli alunni nel seminario si proponga una finalità pastorale, vi si programmi una preparazione pastorale in senso stretto che insegni agli alunni i principi e i metodi che riguardano l'esercizio del ministero di insegnare, santificare e governare il popolo di Dio, tenendo anche presenti le necessità di luogo e di tempo.

Can. 256 - § 1. Gli alunni vengano diligentemente istruiti in tutto ciò che riguarda in modo specifico il sacro ministero, soprattutto nell'attività catechetica e omiletica, nel culto divino e in modo particolare nella celebrazione dei sacramenti, nel dialogo con le persone, anche non cattoliche o non credenti, nell'amministrazione parrocchiale e nell'adempimento di tutti gli altri impegni.

§ 2. Gli alunni siano resi consapevoli delle necessità della Chiesa universale in modo che siano solleciti nel promuovere le vocazioni, dei problemi missionari ed ecumenici e inoltre dei vari problemi particolarmente urgenti, anche di carattere sociale

Can. 257 - § 1. La formazione degli alunni sia impostata in modo che sentano la sollecitudine non solo della Chiesa particolare al servizio della quale sono incardinati, ma anche della Chiesa universale e in modo che si dimostrino pronti a dedicarsi alle Chiese particolari in cui urgano gravi necessità.

§ 2. Il Vescovo diocesano abbia cura che i chierici che hanno intenzione di trasferirsi dalla propria ad una Chiesa particolare di un'altra regione, siano preparati convenientemente ad esercitarvi il ministero sacro, che imparino cioè la lingua della regione, abbiano conoscenza delle sue istituzioni, delle condizioni sociali, degli usi e delle consuetudini.

Can. 258 - Perché gli alunni imparino anche nella pratica il metodo dell'azione apostolica, durante il periodo degli studi e soprattutto nel tempo delle vacanze siano iniziati, sempre sotto la guida di un sacerdote esperto, alla prassi pastorale mediante opportune esperienze da determinare secondo il giudizio dell'Ordinario, adatte all'età degli alunni e alle situazioni locali.

Can. 259 - § 1. Spetta al Vescovo diocesano oppure, se si tratta di un seminario interdiocesano, ai Vescovi interessati, decidere ciò che riguarda l'alta direzione ed amministrazione del seminario.

§ 2. Il Vescovo diocesano o i Vescovi interessati, se si tratta di un seminario interdiocesano, visitino di persona frequentemente il seminario, vigilino sulla formazione dei propri alunni e sull'insegnamento filosofico e teologico che viene impartito, si informino inoltre sulla vocazione, l'indole, la pietà e il progresso degli alunni, in vista soprattutto del conferimento degli ordini sacri.

Can. 260 - Nell'adempimento dei propri incarichi, tutti devono obbedire al rettore al quale spetta la direzione quotidiana del seminario, a norma della Ratio di formazione sacerdotale e dal regolamento del seminario.

Can. 261 - § 1. Il rettore del seminario, come pure, sotto la sua autorità, i superiori e gli insegnanti, ciascuno per la parte che gli compete, curino che gli alunni osservino fedelmente le norme fissate dalla Ratio di formazione sacerdotale e del regolamento del seminario.

§ 2. Il rettore del seminario e il moderatore degli studi provvedano con diligenza che gli insegnanti adempiano nel debito modo il loro incarico, secondo le disposizioni della Ratio di formazione sacerdotale e del regolamento del seminario.

Can. 262 - Il seminario sia esente dalla giurisdizione parrocchiale; per tutti coloro che si trovano nel seminario svolge l'ufficio di parroco, ad eccezione della materia matrimoniale e fermo restando il disposto del can. 985, il rettore del seminario o un suo delegato.

Can. 263 - IL Vescovo diocesano oppure, se si tratta di un seminario interdiocesano, i Vescovi interessati, nella misura che essi stessi hanno determinato di comune accordo, devono fare in modo che si provveda alla costituzione e alla conservazione del seminario, al sostentamento degli alunni, alla rimunerazione degli insegnanti e alle altre necessità del seminario.

Can. 264 - § 1. Per provvedere alle necessità del seminario, oltre all'offerta di cui al can. 1266, il Vescovo può imporre nella diocesi un tributo.

§ 2. Sono soggette al tributo per il seminario tutte le persone giuridiche ecclesiastiche, anche private che hanno sede in diocesi, a meno che non si sostengano solo di elemosine oppure non abbiano attualmente un collegio di studenti o di docenti finalizzato a promuovere il bene comune della Chiesa; tale tributo deve essere generale, proporzionato ai redditi di coloro che vi sono soggetti e determinato secondo le necessità del seminario.

Capitolo II

L'ASCRIZIONE DEI CHIERICI O INCARDINAZIONE

Can. 265 - Ogni chierico deve essere incardinato o in una Chiesa particolare o in una Prelatura personale oppure in un istituto di vita consacrata o in una società che ne abbia la facoltà, in modo che non siano assolutamente ammessi chierici acefali o girovaghi.

Can. 266 - § 1. Uno diviene chierico con l'ordinazione diaconale e viene incardinato nella Chiesa particolare o nella Prelatura personale al cui servizio è stato ammesso.

§ 2. Il professo con voti perpetui in un istituto religioso oppure chi è stato incorporato definitivamente in una società clericale di vita apostolica, con l'ordinazione diaconale viene incardinato come chierico nell'istituto o nella società, a meno che, per quanto riguarda le società, le costituzioni non prevedano diversamente.

§ 3. Il membro di un istituto secolare con l'ordinazione diaconale viene incardinato nella Chiesa particolare al cui servizio è stato ammesso, a meno che, in forza di una concezione della Sede Apostolica, non venga incardinato nell'istituto stesso.

Can. 268 - § 1. Il chierico che si trasferisce legittimamente dalla propria Chiesa particolare in un'altra, dopo cinque anni viene incardinato in quest'ultima per il diritto stesso, purché abbia manifestato per iscritto tale intenzione sia al Vescovo diocesano della Chiesa ospite, sia al Vescovo diocesano proprio e purché nessuno dei due abbia espresso un parere contrario alla richiesta entro quattro mesi dalla recezione della lettera.

§ 2. Con l'ammissione perpetua o definitiva in un istituto di vita consacrata o in una società di vita apostolica, il chierico che a norma del can. 266, è incardinato in tale istituto o società, viene escardinato dalla propria Chiesa particolare.

269 - Il Vescovo diocesano non proceda all'incardinazione di un chierico se non quando:

1° ciò sia richiesto dalla necessità o utilità della sua Chiesa particolare e salve le disposizioni del diritto riguardanti l'onesto sostentamento dei chierici;

2° gli consti da un documento legittimo la concessione dell'escardinazione e inoltre abbia avuto opportuno attestato da parte del Vescovo diocesano di escardinazione, se necessario sotto segreto, sulla vita, sui costumi e sugli studi del chierico;

3° il chierico abbia dichiarato per iscritto al Vescovo diocesano stesso di volersi dedicare al servizio della nuova Chiesa particolare a norma del diritto.

Can. 270 - L'escardinazione può essere lecitamente concessa solo per giusti motivi, quali l'utilità della Chiesa o il bene del chierico stesso; tuttavia non può essere negata se non in presenza di gravi cause; però il chierico che ritenga gravosa la decisione nei suoi confronti e abbia trovato un Vescovo che lo accoglie, può fare ricorso contro la decisione stessa.

Can. 271 - § 1. Al di fuori di una situazione di vera necessità per la propria Chiesa particolare, il Vescovo diocesano non neghi la licenza di trasferirsi ai chierici che sappia preparati e ritenga idonei ad andare in regioni afflitte da grave scarsità di clero, per esercitarvi il ministero sacro; provveda però che, mediante una convenzione scritta con il Vescovo diocesano del luogo a cui sono diretti, vengano definiti i diritti e i doveri dei chierici in questione.

§ 2. Il Vescovo diocesano può concedere ai suoi chierici la licenza di trasferirsi in un'altra Chiesa particolare per un tempo determinato, rinnovabile anche più volte, in modo però che i chierici rimangano incardinati nella propria Chiesa particolare e, se vi ritornano, godano di tutti i diritti che avrebbero se avessero esercitato in essa il ministero sacro.

§ 3. Il chierico che è passato legittimamente ad un'altra Chiesa particolare, rimanendo incardinato nella propria Chiesa, per giusta causa può essere richiamato dal proprio Vescovo diocesano, purché siano rispettate le convenzioni stipulate con l'altro Vescovo e l'equità naturale; ugualmente, alle stesse condizioni, il Vescovo diocesano dell'altra Chiesa particolare potrà, per giusta causa, negare al chierico la licenza di un 'ulteriore permanenza nel suo territorio.

Can. 272 - L'Amministratore diocesano non può concedere l'escardinazione e l'incardinazione, come pure la licenza di trasferirsi in un'altra Chiesa particolare, se non dopo un anno di sede episcopale vacante e col consenso del collegio dei consultori.

Capitolo III

OBBLIGHI E DIRITTI DEI CHIERICI

Can. 273 - I chierici sono tenuti all'obbligo speciale di prestare rispetto e obbedienza al Sommo Pontefice e al proprio Ordinario.

Can. 274 - § 1. Solo i chierici possono ottenere uffici il cui esercizio richieda la potestà di ordine o la potestà di governo ecclesiastico.

§ 2. I chierici, se non sono scusati da un impedimento legittimo, sono tenuti ad accettare e adempiere fedelmente l'incarico loro affidato dal proprio Ordinario.

Can. 275- § 1. I chierici, dal momento che tutti operano per un unico fine, cioè l'edificazione del Corpo di Cristo, siano uniti tra loro col vincolo della fraternità e della preghiera e si impegnino a collaborare tra loro, secondo le disposizioni del diritto particolare.

§ 2. I chierici riconoscano e promuovano la missione che i laici, secondo la loro specifica condizione, esercitano nella Chiesa e nel mondo.

Can. 276 - § 1. Nella loro condotta di vita i chierici sono tenuti in modo peculiare a tendere alla santità, in quanto, consacrati a Dio per un nuovo titolo mediante l'ordinazione, sono dispensatori dei misteri di Dio al servizio del Suo popolo.

§ 2. Per essere in grado di perseguire tale perfezione:

1° innanzitutto adempiano fedelmente e indefessamente i doveri del ministero pastorale;

2° alimentino la propria vita spirituale alla duplice mensa della sacra Scrittura e dell'Eucarestia; i sacerdoti perciò sono caldamente invitati ad offrire ogni giorno il Sacrificio eucaristico, i diaconi poi a parteciparvi quotidianamente;

3° i sacerdoti e i diaconi aspiranti al presbiterato sono obbligati a recitare ogni giorno la liturgia delle ore secondo i libri liturgici approvati; i diaconi permanenti nella misura definita dalla Conferenza Episcopale.

4° sono ugualmente tenuti a partecipare ai ritiri spirituali, secondo le disposizioni del diritto particolare;

5° sono sollecitati ad attendere regolarmente all'orazione mentale, ad accostarsi frequentemente al sacramento della penitenza, a coltivare una particolare devozione alla Vergine Madre di Dio, e ad usufruire degli altri mezzi di santificazione comuni e particolari.

Can. 277 - § 1. I chierici sono tenuti all'obbligo di osservare la continenza perfetta e perpetua per il regno dei cieli, perciò sono vincolati al celibato, che è un dono particolare di Dio mediante il quale i ministri sacri possono aderire più facilmente a Cristo con cuore indiviso e sono messi in grado di dedicarsi più liberamente al servizio di Dio e degli uomini.

§ 2. I chierici si comportino con la dovuta prudenza nei rapporti con persone la cui familiarità può mettere in pericolo l'obbligo della continenza oppure suscitare lo scandalo dei fedeli.

§ 3. Spetta al Vescovo diocesano stabilire norme più precise su questa materia e giudicare sull'osservanza di questo obbligo nei casi particolari.

Can. 278 - § 1. E' diritto dei chierici secolari associarsi con altri in vista di finalità confacenti allo stato clericale.

§ 2. I chierici secolari diano importanza soprattutto alle associazioni le quali, avendo gli statuti approvati dall'autorità competente, mediante una regola di vita adatta e convenientemente approvata e mediante l'aiuto fraterno, stimolano alla santità nell'esercizio del ministero e favoriscono l'unità dei chierici fra di loro e col proprio Vescovo.

§ 3. I chierici si astengano dal fondare o partecipare ad associazioni il cui fine o la cui attività non sono compatibili con gli obblighi propri dello stato clericale, oppure possono ostacolare il diligente compimento dell'incarico loro affidato dalla competente autorità ecclesiastica.

Can. 279 - § 1. I chierici proseguano gli studi sacri anche dopo l'ordinazione sacerdotale e seguano la solida dottrina fondata sulla sacra Scrittura, tramandata dal passato e comunemente accolta dalla Chiesa, secondo quanto viene determinato particolarmente dai documenti dei Concili e dei Romani Pontefici, evitando le vane novità e la falsa scienza.

§ 2. Secondo le disposizioni del diritto particolare, i sacerdoti frequentino le lezioni di carattere pastorale che devono essere programmate dopo l'ordinazione sacerdotale e inoltre, nei tempi stabiliti dal diritto stesso, partecipino anche ad altre lezioni, convegni teologici o conferenze con le quali si offra loro l'occasione di acquisire una conoscenza più approfondita delle scienze sacre e delle metodologie pastorali.

§ 3. Proseguano anche nell'apprendimento di altre scienze, quelle soprattutto che hanno un rapporto con le scienze sacre, particolarmente in quanto possono essere utili nell'esercizio del ministero pastorale.

Can. 280 - Si raccomanda vivamente ai chierici di praticare una consuetudine di vita comune; dove essa è attuata, per quanto è possibile, si mantenga.

Can. 281 - § 1. Ai chierici, in quanto si dedicano al ministero ecclesiastico, spetta una rimunerazione adeguata alla loro condizione, tenendo presente sia la natura dell'ufficio, sia le circostanze di luogo e di tempo, perché con essa possano provvedere alle necessità della propria vita e alla giusta retribuzione di chi è al loro servizio.

§ 2. Così pure occorre fare in modo che usufruiscano della previdenza sociale con cui sia possibile provvedere convenientemente alle loro necessità in caso di malattia, di invalidità o di vecchiaia.

§ 3. I diaconi coniugati, che si dedicano a tempo pieno al ministero ecclesiastico, siano rimunerati in modo che siano in grado di provvedere al proprio sostentamento e a quello della loro famiglia; coloro poi che ricevono una rimunerazione per la professione civile che esercitano o hanno esercitato, provvedano ai loro bisogni e a quelli della propria famiglia con i redditi provenienti da tale rimunerazione.

Can. 282 - § 1. I chierici conducano una vita semplice e si astengano da tutto quello che può avere sapore di vanità.

§ 2. I beni di cui vengono in possesso in occasione dell'esercizio di un ufficio ecclesiastico e che avanzano, dopo aver provveduto con essi al proprio onesto sostentamento e all'adempimento di tutti i doveri del proprio stato, siano da loro impiegati per il bene della Chiesa e per opere di carità.

Can. 283 - § 1. I chierici, anche se non hanno un ufficio residenziale, non si allontanino dalla propria diocesi per un tempo notevole, che va determinato dal diritto particolare, senza la licenza almeno presunta dell'Ordinario proprio.

§ 2. Spetta ai chierici usufruire ogni anno di un tempo conveniente e sufficiente di ferie, determinato dal diritto universale o particolare.

Can. 284 - I chierici portino un abito ecclesiastico decoroso secondo le norme emanate dalla Conferenza Episcopale e secondo le legittime consuetudini locali.

Can. 285 - § 1. I chierici si astengano del tutto da ciò che è sconveniente al proprio stato, secondo le disposizioni del diritto particolare.

§ 2. Evitino ciò che, pur non essendo indecoroso, è alieno dallo stato clericale.

§ 3. E' fatto divieto ai chierici di assumere uffici pubblici, che comportano una partecipazione all'esercizio del potere civile.

§ 4. Senza la licenza del proprio Ordinario non intraprendano amministrazioni dei beni riguardanti i laici né esercitino uffici secolari che comportino l'onere del rendiconto; è loro proibita la fideiussione, anche su propri beni, senza consultare il proprio Ordinario; così pure si astengano dal firmare cambiali, quelle cioè con cui viene assunto l'impegno di pagare un debito senza una causa definita.

Can. 286 - E' proibito ai chierici di esercitare, personalmente o tramite altri, l'attività affaristica e commerciale, sia per il proprio interesse, sia per quello degli altri, se non con la licenza della legittima autorità ecclesiastica.

Can. 287 § 1. I chierici favoriscano sempre in sommo grado il mantenimento, fra gli uomini, della pace e della concordia fondate sulla giustizia.

§ 2. Non abbiano parte attiva nei partiti politici e nella guida di associazioni sindacali, a meno che, a giudizio dell'autorità ecclesiastica competente, non lo richiedano la difesa dei diritti della Chiesa o la promozione del bene comune.

Can. 288 - I diaconi permanenti non sono tenuti alle disposizioni dei cann. 284, 285, §§ 3 e 4, 286, 287, § 2, a meno che il diritto particolare non stabilisca diversamente.

Can. 289 - § 1. Poiché il servizio militare propriamente non si addice allo stato clericale, i chierici e i chierici candidati agli Ordini sacri non prestino il servizio militare volontario, se non su licenza del proprio Ordinario.

§ 2. I chierici usufruiscano delle esenzioni dell'esercitare incarichi e pubblici uffici civili estranei allo stato clericale, concesse in loro favore dalle leggi stesse o dalle convenzioni o dalle consuetudini, a meno che in casi particolari il proprio Ordinario non abbia disposto diversamente.

Capitolo IV

LA PERDITA DELLO STATO CLERICALE

Can. 290 - La sacra ordinazione, una volta validamente ricevuta, non diviene mai nulla. Tuttavia il chierico perde lo stato clericale:

1° Per sentenza giudiziaria o decreto amministrativo con cui si dichiara l'invalidità della sacra ordinazione;

2° mediante la pena di dimissione irrogata legittimamente;

3° per rescritto della Sede Apostolica; tale rescritto viene concesso dalla Sede Apostolica ai diaconi soltanto per gravi cause, ai presbiteri per cause gravissime.

Can. 291 - Oltre ai casi di cui al can. 290, n.1, la perdita dello stato clericale non comporta la dispensa dall'obbligo del celibato: questa viene concessa unicamente dal Romano Pontefice.

Can. 292 - Il chierico che a norma del diritto perde lo stato clericale, ne perde insieme i diritti e non è tenuto ad alcun obbligo di tale stato, fermo restando il disposto del can. 291; gli è proibito di esercitare la potestà di ordine, salvo il disposto del can. 976; con ciò egli è privato di tutti gli uffici, di tutti gli incarichi e di qualsiasi potestà delegata.

Can. 293 - Il chierico che ha perduto lo stato clericale non può essere nuovamente ascritto tra i chierici, se non per rescritto della Sede Apostolica.

Titolo IV

Le prelature personali

Can. 294 - Al fine di promuovere un'adeguata distribuzione dei presbiteri o di attuare speciali opere pastorali o missionarie per le diverse regioni o per le diverse categorie sociali, la Sede Apostolica può erigere prelature personali formate da presbiteri e da diaconi del clero secolare, udite le Conferenze Episcopali interessate.

Can. 295 - § 1. La prelatura personale è retta dagli statuti fatti dalla Sede Apostolica e ad essa viene preposto un Prelato come Ordinario proprio, il quale ha il diritto di erigere un seminario nazionale o internazionale, di incardinare gli alunni e di promuoverli agli ordini con il titolo del servizio della prelatura.

§ 2. Il Prelato deve provvedere sia alla formazione spirituale di coloro che ha promosso con il predetto titolo, sia al loro decoroso sostentamento.

Can. 296 - I laici possono dedicarsi alle opere apostoliche di una prelatura personale mediante convenzioni stipulate con la prelatura stessa; il modo di tale organica cooperazione e i principali doveri e diritti con essa connessi siano determinati con precisione negli statuti.

Can. 297 - Parimenti gli statuti definiscono i rapporti della prelatura personale con gli Ordinari del luogo nelle cui Chiese particolari la prelatura stessa esercita o intende esercitare, previo consenso del Vescovo diocesano, le sue opere pastorali o missionarie.

Titolo V

Le associazioni dei fedeli

Capitolo I

NORME COMUNI

Can. 298 - § 1. Nella Chiesa vi sono associazioni, distinte dagli istituti di vita consacrata e dalle società di vita apostolica, in cui i fedeli, sia chierici, sia laici insieme, tendono, mediante l'azione comune, all'incremento di una vita più perfetta, o alla promozione del culto pubblico o della dottrina cristiana, o ad altre opere di apostolato, quali sono iniziative di evangelizzazione, esercizio di opere di pietà o di carità, animazione dell'ordine temporale mediante lo spirito cristiano.

§ 2. I fedeli diano la propria adesione soprattutto alle associazioni erette, lodate o raccomandate dall'autorità ecclesiastica competente.

Can. 299 - § 1. I fedeli hanno il diritto di costituire associazioni, mediante un accordo privato tra di loro per conseguire i fini di cui al can. 298, § 1, fermo restando il disposto del can. 301, §1.

§ 2. Tali associazioni, anche se lodate o raccomandate dall'autorità ecclesiastica, si chiamano associazioni private.

§ 3. Nessuna associazione privata dei fedeli è riconosciuta nella Chiesa, se i suoi statuti non sono esaminati dall'autorità competente.

Can. 300 - Nessuna associazione assuma il nome di <<cattolica>>, se non con il consenso dell'autorità ecclesiastica competente a norma del can. 312.

Can. 301 - § 1. Spetta unicamente all'autorità ecclesiastica competente erigere associazioni di fedeli che si propongano l'insegnamento della dottrina cristiana in nome della Chiesa o l'incremento del culto pubblico, oppure che intendano altri fini il cui conseguimento è riservato, per natura sua, all'autorità ecclesiastica.

§ 2. L'autorità ecclesiastica competente, se lo giudica opportuno, può erigere associazioni di fedeli anche per il conseguimento diretto o indiretto di altre finalità spirituali alle quali non sia stato sufficientemente provveduto mediante iniziative private.

§ 3. Le associazioni dei fedeli erette dall'autorità ecclesiastica si chiamano associazioni pubbliche.

Can. 302 - Le associazioni dei fedeli si chiamano clericali se sono dirette da chierici, assumono l'esercizio dell'ordine sacro e sono riconosciute come tali dall'autorità competente.

Can. 303 - Le associazioni i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma di un istituto religioso, sotto l'alta direzione dell'istituto stesso, assumono il nome di terzi ordini oppure un altro nome adatto.

Can. 304 - § 1. Tutte le associazioni di fedeli, sia pubbliche sia private, con qualunque titolo o nome siano chiamate, abbiano propri statuti con cui vengano definiti il fine dell'associazione o ragione sociale, la sede, il governo e le condizioni richieste per parteciparvi, e mediante i quali vengano determinate le modalità d'azione tenendo presente la necessità o l'utilità relativa al tempo e al luogo.

§ 2. Assumano un titolo o un nome, adatto agli usi del tempo e del luogo, scelto soprattutto in ragione della finalità perseguita.

Can. 305 - § 1. Tutte le associazioni di fedeli sono soggette alla vigilanza dell'autorità ecclesiastica competente, alla quale pertanto spetta aver cura che in esse sia conservata l'integrità della fede e dei costumi e vigilare che non si insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica; ad essa perciò spetta il diritto e il dovere di visitare tali associazioni, a norma del diritto e degli statuti; sono anche soggette al governo della medesima autorità secondo le disposizioni dei canoni seguenti.

§ 2. Sono soggette alla vigilanza della Santa Sede le associazioni di qualsiasi genere; sono soggette alla vigilanza dell'Ordinario del luogo le associazioni diocesane e le altre, in quanto esercitano la loro azione nella diocesi.

Can. 306 - Perché uno possa fruire dei diritti e dei privilegi dell'associazione, delle indulgenze e delle altre grazie spirituali ad esse concesse, è necessario e sufficiente che vi sia validamente accolto e non dimesso legittimamente dalla medesima, secondo le disposizioni del diritto e degli statuti dell'associazione.

Can. 307 - § 1. L'accettazione dei membri avvenga a norma del diritto e degli statuti di ciascuna associazione.

§ 2. La stessa persona può essere iscritta a più associazioni.

§ 3. I membri degli istituti religiosi possono aderire alle associazioni, a norma del diritto proprio, col consenso del proprio Superiore.

Can. 308 - Nessuno, legittimamente iscritto, sia dimesso da una associazione, se non per giusta causa, a norma del diritto e degli statuti.

Can. 309 - Le associazioni legittimamente costituite hanno facoltà, a norma del diritto e degli statuti, di emanare norme peculiari riguardanti l'associazione stessa, di tenere assemblee, di designare i moderatori, gli officiali, gli aiutanti e gli amministratori dei beni.

Can. 310 - Un'associazione privata non costituita in persona giuridica, come tale non può essere soggetto di obblighi e di diritti; tuttavia i fedeli associati possono congiuntamente contrarre obblighi, acquisire e possedere diritti e beni come comproprietari e compossessori; sono in grado di esercitare tali diritti e obblighi mediante un mandatario o procuratore.

Can. 311 - I membri di istituti di vita consacrata che presiedono o assistono associazioni in qualche modo unite al proprio istituto, abbiano cura che tali associazioni prestino aiuto alle attività di apostolato esistenti in diocesi, soprattutto operando, sotto la direzione dell'Ordinario del luogo, insieme con le associazioni finalizzate all'esercizio dell'apostolato nella diocesi.

Capitolo II

ASSOCIAZIONI PUBBLICHE DI FEDELI

Can. 312 - § 1. L'autorità competente ad erigere associazioni pubbliche è:

1° la Santa Sede per le associazioni universali e internazionali;

2° la Conferenza Episcopale nell'ambito del proprio territorio per le associazioni nazionali, quelle cioè che sono destinate, mediante l'erezione stessa, ad esercitare la loro attività in tutta una nazione;

3° il Vescovo diocesano nell'ambito del suo territorio per le associazioni diocesane, non però l'Amministratore diocesano; tuttavia sono eccettuate le associazioni per le quali il diritto di erezione è riservato ad altri per il privilegio apostolico.

§ 2. Per erigere validamente nella diocesi un'associazione o una sua sezione, anche se ciò avviene in forza di un privilegio apostolico, si richiede il consenso scritto del Vescovo diocesano; tuttavia il consenso del Vescovo diocesano per l'erezione di una casa di un istituto religioso vale anche per l'erezione, presso la stessa casa o presso la chiesa annessa, di una associazione propria di quell'istituto.

Can. 313 - Un'associazione pubblica, come pure una confederazione di associazioni pubbliche, per lo stesso decreto con cui viene eretta dall'autorità ecclesiastica competente a norma del can. 312, è costituita persona giuridica e riceve, per quanto è richiesto, la missione per i fini che essa si propone di conseguire in nome della Chiesa.

Can. 314 - Gli statuti di ogni associazione pubblica, la loro revisione e il loro cambiamento necessitano dell'approvazione dell'autorità ecclesiastica cui compete erigere l'associazione a norma del can. 312, § 1.

Can. 315 - Le associazioni pubbliche possono intraprendere spontaneamente quelle che sono confacenti alla loro indole; tali associazioni sono dirette a norma degli statuti, però sotto la superiore direzione dell'autorità ecclesiastica di cui al can. 312, § 1.

Can. 316 - § 1. Non può essere validamente accolto nelle associazioni pubbliche chi ha pubblicamente abbandonato la fede cattolica, chi si è allontanato dalla comunione ecclesiastica e chi è irretito da una scomunica inflitta o dichiarata.

§ 2. Coloro che, dopo essere stati legittimamente associati, vengono a trovarsi nel caso di cui al § 1, premessa un'ammonizione, siano dimessi dall'associazione, osservando gli statuti e salvo il diritto di ricorso all'autorità ecclesiastica di cui al can. 312, § 1.

Can. 317 - § 1. Se non si prevede altro negli statuti, spetta all'autorità ecclesiastica di cui al can. 312, § 1, confermare il moderatore dell'associazione pubblica eletto dalla stessa, istituire colui che è stato presentato, oppure nominarlo secondo il diritto proprio; la stessa autorità ecclesiastica poi nomina il cappellano o l'assistente ecclesiastico, dopo aver sentito, se risulta opportuno, gli officiali maggiori dell'associazione.

§ 2. La norma stabilita al § 1 vale anche per le associazioni erette da membri di istituti religiosi in forza di un privilegio apostolico, al di fuori delle proprie chiese o delle proprie case; nelle associazioni poi erette da membri di istituti religiosi presso la propria chiesa o presso la propria casa, la nomina o la conferma del moderatore e del cappellano spetta al superiore dell'istituto , a norma degli statuti.

§ 3. Nelle associazioni non clericali, i laici possono ricoprire l'incarico di moderatore; il cappellano o l'assistente ecclesiastico non siano assunti a tale compito, a meno che negli statuti non sia disposto diversamente.

§ 4. Nelle associazioni pubbliche di fedeli finalizzate direttamente all'esercizio dell'apostolato, non siano moderatori coloro che occupano compiti direttivi nei partiti politici.

Can. 318 - § 1. In circostanze speciali, se lo richiedono gravi motivi, l'autorità ecclesiastica di cui al can. 312, § 1 può designare un commissario che in suo nome diriga temporaneamente l'associazione.

§ 2. Il moderatore di un'associazione pubblica può essere rimosso, per giusta causa, da chi lo ha nominato o confermato, tuttavia dopo aver sentito sia il moderatore stesso, sia gli officiali dell'associazione, a norma degli statuti; il cappellano può essere rimosso, a norma dei cann. 192-195, da chi lo ha nominato.

Can. 319 - § 1. Un'associazione pubblica eretta legittimamente, a meno che non sia disposto in modo diverso, a norma degli statuti amministra i beni che possiede, sotto l'alta direzione dell'autorità ecclesiastica di cui al can. 312, § 1, alla quale ogni anno deve rendere conto dell'amministrazione.

§ 2. Deve inoltre presentare alla medesima autorità un fedele rendiconto della distribuzione delle offerte e delle elemosine raccolte.

Can. 320 - § 1. Le associazioni erette dalla Santa Sede possono essere soppresse solo dalla Santa Sede stessa.

§ 2. Per gravi cause la Conferenza Episcopale può sopprimere le associazioni erette dalla conferenza stessa; il Vescovo diocesano può sopprimere le associazioni che egli stesso ha eretto e anche le associazioni erette, per indulto apostolico, da membri di istituti religiosi col consenso del Vescovo diocesano.

§ 3. Un'associazione pubblica non venga soppressa dall'autorità competente, senza aver prima sentito il suo moderatore e gli altri officiali maggiori.

Capitolo III

ASSOCIAZIONI PRIVATE DI FEDELI

Can. 321 - Le associazioni private sono dirette e presiedute dai fedeli, secondo le disposizioni degli statuti.

Can. 322 - § 1. Un'associazione privata di fedeli può acquistare personalità giuridica per decreto formale dell'autorità ecclesiastica competente di cui al can. 312.

§ 2. Nessuna associazione privata di fedeli può acquistare personalità giuridica se i suoi statuti non sono stati approvati dall'autorità ecclesiastica di cui al can. 312, § 1; tuttavia l'approvazione degli statuti non cambia la natura privata dell'associazione.

Can. 323 - § 1. Quantunque le associazioni private di fedeli godano di autonomia a norma del can. 312, sono soggette alla vigilanza dell'autorità ecclesiastica a norma del can. 305, come pure al governo della medesima autorità.

§ 2. Spetta ancora all'autorità ecclesiastica, nel rispetto della autonomia propria delle associazioni private, vigilare e fare in modo che si eviti la dispersione delle forze e ordinare al bene comune l'esercizio del loro apostolato.

Can. 324 - § 1. L'associazione privata di fedeli designa liberamente il moderatore e gli officiali a norma degli statuti.

§ 2. L'associazione privata di fedeli può scegliere liberamente, se lo desidera, un consigliere spirituale fra i sacerdoti che esercitano legittimamente il ministero nella diocesi; tuttavia colui che è scelto deve avere la conferma dell'Ordinario del luogo.

Can. 325 - § 1. L'associazione privata di fedeli amministra liberamente i beni che possiede, secondo le disposizioni degli statuti, salvo il diritto dell'autorità ecclesiastica competente di vigilare perché i beni siano usati per i fini dell'associazione.

§ 2. E' pure soggetta all'autorità dell'Ordinario del luogo, a norma del can. 1301, per quanto riguarda l'amministrazione e la distribuzione dei beni che le sono stati donati o lasciati per cause pie.

Can. 326 - § 1. L'associazione privata di fedeli si estingue a norma degli statuti; può anche essere soppressa dall'autorità competente se la sua attività è causa di danno grave per la dottrina o la disciplina ecclesiastica, oppure di scandalo per i fedeli.

§ 2. La destinazione dei beni di un'associazione estinta deve essere determinata a norma degli statuti, salvi i diritti acquisiti e la volontà degli offerenti.

Capitolo IV

NORME SPECIALI PER LE ASSOCIAZIONI DI LAICI

Can. 327 - I fedeli laici tengano in grande considerazione le associazioni costituite per fini spirituali di cui al can. 298, specialmente quelle che si propongono di animare mediante lo spirito cristiano le realtà temporali e in tal modo favoriscono intensamente un rapporto più intimo fra fede e vita.

Can. 328 - Coloro che dirigono le associazioni di laici, anche quelle erette in forza di un privilegio apostolico, facciano in modo che le proprie associazioni collaborino, dove ciò risulta opportuno, con altre associazioni di fedeli e che sostengano volentieri le diverse opere cristiane, soprattutto quelle esistenti nello stesso territorio.

Can. 329 - I moderatori delle associazioni di laici facciano in modo che i membri dell'associazione siano debitamente formati all'esercizio dell'apostolato specificamente laicale.

 

 

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